I ragazzi del badile, sapremo ricordarceli anche dopo?

Mentre cominciano a pro­larsi i primi numeri di una catastrofe forse senza precedenti per il nostro territorio, inizia a prendere corpo un dibattito che sta già assumendo alcuni aspetti un po’ surreali, per cui secondo molti le colpe ricadrebbero in parti quasi uguali tra chi ha governato il paese e la regione da sempre e chi, come gli ambientalisti, lancia l’allarme sui rischi del cambiamento climatico e la necessità di ripensare il territorio da decenni senza aver mai avuto o quasi ruoli decisionali in merito.

In tutto questo il rischio che l’unità e la solidarietà e la compattezza dei primi giorni venga presto meno quando ci sarà da gestire il post, quando le telecamere si saranno spente, quando la mappa ­nale mostrerà che i danni non sono stati uguali per tutti. La speranza è che ciò ovviamente non accada, che davvero questo disastro possa servire come una ripartenza su un modello diverso, un modello che, a fronte di un evento che potrebbe ripetersi (dicono scienziati e meteorologi), riesca a mitigare i possibili danni. Un tema complesso che non ammette facili polarizzazioni e che forse, soprattutto dopo le ferite lasciate dal Covid, è al di là della portata di troppi ormai usi a ragionare per bianco/nero e ad aver bisogno di un semplice nemico da additare (qualcuno si ricorda i pericolosissimi runner, per esempio?).

Anche come antidoto a uno sterile dibattito incentrato sul presente (o solo sul passato), magari potremmo cercare di far tesoro di qualcosa che l’emergenza ci ha fatto scoprire: i giovani esistono, i ragazzi e le ragazze non sono tutti chiusi nelle loro stanze davanti a uno schermo, un dialogo intergenerazionale è ancora possibile. Con le scuole chiuse, sono scesi a centinaia in strada con badile e stivali a dare una mano, insieme a persone adulte e coetanei, andando a casa di chiunque avesse bisogno, a cominciare ovviamente dagli anziani. Oppure li hanno accolti e rassicurati negli hub. Non è solo il fatto che siano stati generosi a essere importante, è proprio il fatto che ci siano stati. In città dove sono sempre meno i luoghi di incontro capaci di incrociare età diverse, questo fenomeno ci ha colti quasi di sorpresa.

Ecco, ora che li abbiamo visti in carne e ossa con i badili, magari potrebbe essere più semplice pensare a loro quando appunto ci sarà da riprogettare e ridisegnare un territorio che si è mostrato tanto fragile. Sarà più facile avere lo sguardo lungo. Sono coetanei dei ragazzi bistrattati da tanti media di Ultima generazione, che a ben guardare però veri danni non ne fanno e ci vogliono solo ricordare ciò che in Romagna abbiamo toccato con tanto dolore in queste settimane. Un diciottenne di oggi ha vissuto il Covid, ha visto scoppiare la guerra in Ucraina, vive probabilmente in una famiglia che, pur con due stipendi, non potrà pagargli l’af­tto per studiare fuori sede. E se è romagnolo oggi ha visto anche tutto questo. Se vi pare poco.

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