Ravenna non è una città per tifosi

 

La città “culla della pallavolo italiana” – tanto per citare anche il titolo di un libro uscito nei mesi scorsi – quella in grado negli anni ottanta e novanta di far parlare di sé un po’ in tutto il mondo dello sport, sta per lasciare la massima serie. A cui resta appesa solo con la squadra maschile (la Teodora è impegnata già da anni nel campionato di A2 e tra l’altro proprio in questi giorni si è vista soffiare da Conegliano lo storico record di 72 vittorie di fila), al momento desolatamente ultima alla fine del girone d’andata senza neppure una vittoria in 11 partite. La colpa sarebbe da attribuire al ritardo con cui è stata costruita la squadra (per mesi sono state insistenti le voci di una cessione del titolo sportivo…) e soprattutto ai mancati investimenti. Con la città che non pare avere risorse economiche adeguate per sostenere il suo sistema sportivo, per usare le parole del direttore generale della Consar Ravenna, Giorgio Bottaro, espertissimo dirigente con un curriculum di primo livello, intervistato nei giorni scorsi dal Carlino. «Non vedo Ferruzzi all’orizzonte», dice ancora Bottaro, allargando le mani quando gli si chiede come si potrebbe proseguire in caso di conferma in A1.

Il tutto mentre a Ravenna si sta (molto faticosamente) costruendo un nuovo palazzetto dello sport, a pochi metri da quello esistente (un mini paradosso che è difficile da spiegare a chi ci chiede lumi da fuori provincia). E con il Basket Ravenna (l’altra società che dovrebbe usufruirne) che sul campo sta procedendo a gonfie vele (in questo caso nel campionato di A2) ma che ogni estate vede arrivare grosse nubi a oscurarne il futuro.

Questione di soldi, certo, come nel caso del Ravenna Fc – per chiudere con il calcio la panoramica sui tre principali sport di squadra – che non è riuscito a mantenere neppure la serie C (e ora sta tentando di arrampicarsi faticosamente in vetta al campionato Dilettanti), in quella che è pur sempre anche una delle città più grande d’Italia a non essere mai riuscite a giocare nella serie A dello sport nazionale. In questo caso si potrebbe dire che non si vedono altri Corvetta all’orizzonte.

Ma davvero è bene affidarsi – come vorrebbe la logica – solo ai privati? O il Comune dovrebbe fare un lavoro-ombra che finora è clamorosamente mancato? In particolare per gli impianti per il settore giovanile – da cui parte tutto – tra piani palestre non sempre efficienti, per usare un eufemismo, e il progetto abortito dell’ex ippodromo che ha lasciato i baby calciatori del Ravenna praticamente (e vergognosamente) per strada.

Di certo in questi mesi, anni, pandemici, la risposta è che c’è ben altro a cui pensare. Ma altrettanto certo è che Ravenna non è una città a misura di tifoso. E qualcuno dovrà pur cercare di capire il perché…

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