Sicurezza fai da te, c’è una chat per tutti

Andrea AlberiziaI numeri non mentono e dicono che il fenomeno è in espansione. Sono sempre di più quelli che si accostano alle chat di quartiere. Alla legittima ricerca di una necessità insita nella natura umana: il senso di sicurezza. Tu chiamala, se vuoi, cittadinanza attiva.
Ravenna conta diverse decine di queste chat. Cresciute di  pari passo con l’affermarsi di nuove applicazioni per smartphone. Perché questa è la conditio sine qua non: senza un telefonino appiccicato alla mano di ognuno non ci sarebbe il fenomeno.
Basta iscriversi – in alcuni casi si può fare di propria iniziativa e in altri occorre l’approvazione di un amministratore del gruppo – per avere un assaggio di cosa passa su quei canali. Dalla disperata richiesta di aiuto nella vana speranza di ritrovare la bici rubata alla delazione senza scrupoli di un tizio avvistato camminare per le strade e ritenuto poco raccomandabile per ragioni spesso poco definibili. Prendetevi dieci minuti e sorgerà il dubbio che vada rettificata la lista delle dieci città più pericolose del mondo recentemente stilata dal tabloid inglese Sun per inserire Ravenna accanto a Caracas, Raqqa e Napoli.

La domanda sorge spontanea, direbbe quel tale: la microcriminalità è sempre stata così ma prima di Whatsapp non sembrava così tanta perché non c’era un post ogni trenta secondi che ce lo ricordava oppure è aumentata e i post solo solo la fotografia del declino? I numeri, che si diceva non mentono, giungono in supporto: le statistiche ufficiali diffuse dalle forze dell’ordine dicono che furti, rapine, truffe sono in calo.

Il rischio, sempre in agguato, è che a qualcuno venga spontaneo sentirsi investito di superpoteri e dalla cittadinanza attiva si sconfini nella sicurezza fai da te. Così come non mancano i casi in cui i gruppi mostrano tutta la loro ingenua inadeguatezza. Come la ragazza che ha postato la foto dell’ammaccatura trovata sull’auto lasciata posteggiata per trovare testimoni e si è ritrovata a dover spiegare che era disabile e per questo aveva la vettura nel posto dei disabili. O come le decine di chiamate al 112 per un tizio incappucciato con uno zaino in strada a Roncalceci ed era uno che usciva dalla palestra con la testa bagnata e aveva tirato su la felpa.

Anche ammesso che la criminalità sia aumentata (dovendo quindi ipotizzare che le forze dell’ordine mentano), è davvero utile sapere che al vicino hanno rubato la bici? Saperlo faciliterà il lavoro delle forze dell’ordine a cui compete la prerogativa della sicurezza?

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