Medici di base, l’Ausl cambia l’assetto

Doctors Seek Higher Fees From Health Insurers

La nuova organizzazione territoriale per i nuclei di cure primarie attira qualche critica

A distanza di quasi quindici anni dalla loro istituzione, l’Ausl ha deciso che è ora di rivedere radicalmente l’organizzazione dei nuclei di cure primarie (Ncp) – le aggregazioni a scopo collaborativo in cui sono suddivisi i circa 150 medici di medicina generale (Mmg) del distretto sanitario che copre i comuni di Ravenna, Cervia e Russi – con un piano che prevede la riduzione degli Ncp da nove a otto e una diversa distribuzione che tenga maggiormente conto del criterio geografico lasciando invariata l’assegnazione del medico per ogni paziente. Il progetto è stato illustrato alla stampa e nelle intenzioni dell’azienda sanitaria pubblica dovrà entrare a regime con l’inizio del 2018. Ma il percorso ha già incontrato i primi ostacoli: alcuni medici, che dicono di rapresentare una cinquantina di colleghi, non condividono la mappa della riorganizzazione e chiedono che venga rivista. In questa battaglia sono spalleggiati dal sindacato Simet con 62 tesserati sul territorio (Fimmg e Snami sono invece concordi) e dal consigliere comunale di opposizione Alvaro Ancisi che chiede al sindaco di farsi portavoce delle richieste nella conferenza socio-sanitaria territoriale, organo di indirizzo dell’Ausl Romagna composto dagli amministratori pubblici del territorio di riferimento.
La funzione degli Ncp è quella di portare avanti la collaborazione tra i professionisti attraverso la formazione e lo scambio di esperienze e interconnessioni delle reti informatiche (ad esempio la cartella clinica del paziente). Un esempio pratico: nel momento in cui il medico di famiglia è in ferie, il cittadino può avvalersi di un altro medico, del medesimo nucleo, che può consultare i trascorsi del paziente.
Gli Ncp però, secondo l’Ausl, si trascinano dietro un vizio originale: «Avrebbero dovuto soddisfare il criterio della distribuzione territoriale e invece, ad esclusione delle aree extraurbane dove il raggruppamento risultò più coerente all’area geografica, nei cinque nuclei della città e del litorale il principio segnò il passo in favore di legami professionali, sindacali e culturali». Sarebbero sei i nuclei in cui gli ambulatori sono a distanza anche di alcune decine di chilometri. Questo, per i dirigenti dell’Ausl, ostacola la transizione verso i nuclei di cure primarie strutturati, vale a dire una evoluzione delle aggregazioni che dovranno accogliere al loro interno una o più Case della Salute o comunque una sede fisica riconoscibile in cui il cittadino della zona territoriale di riferimento può trovare una risposta alla domanda di assistenza grazie alla compresenza di diverse professionalità. L’obiettivo dichiarato è offrire orari di apertura prolungati, anche dalla settima alla dodicesima ora giornaliera.
Sono stati ridefiniti gruppi di 18-20 Mmg con 20-30mila pazienti complessivi «con ambulatori situati in aree territorialmente omogenee della rete cittadina e del litorale costiero residuo dopo lo scorporo della punta Nord di Casalborsetti e di quella Sud di pertinenza del Comune di Cervia». La città è stata divisa in quattro aree tenendo conto anche delle caratteristiche della viabilità: tre raggruppano medici con primo ambulatorio nella zona centro-ovest, nella zona nord-est e nella zona centro-sud della Città, l’altro invece raggruppa professionisti con primo ambulatorio nella zona est rivolta verso il litorale e professionisti con primo ambulatorio sulla costa. Nei progetti dei promotori la transizione dovrà garantire alcuni servizi in più per il cittadino come la presenza dei medici negli Ncp dal lunedì al venerdì tutto l’anno e nelle mattine di sabato e prefestivi o la presa in carico dei pazienti con patologie croniche.
Tra le critiche sollevate dal gruppo dei medici ribelli, le principali riguardano i casi dei medici con doppio ambulatorio in città e in zona mare o Porto Fuori: «Sono ora destinati a un frazionamento che produce disservizi – scrive Ancisi –, penalizzando migliaia di pazienti abituati a ricevere, nel loro diritto, un vero servizio di prossimità, ora costretti a continue peregrinazioni».
Il Simet scrive: «Si valorizza la geografia, si fa prevalere il dove viene assistito il paziente sul come è assistito». In particolare viene criticata la modalità di azione dell’Ausl che prima avrebbe chiesto una proposta ai medici più critici, poi avrebbe approvato la loro idea e infine avrebbe invece scelto di fare diversamente senza tenere conto dei suggerimenti.

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