In seimila nelle chat anti-ladri: «Chiediamo a tutti di stare con gli occhi aperti»

È partita anche una collaborazione con i vigili: se ne parlerà il 5 febbraio in Sala D’Attorre

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Stand informativi di Sos Chat

«Siamo volontari e apartitici, le ronde non ci appartengono». Cercano di mettere le cose in chiaro i referenti di Sos Chat, i “gruppi di sicurezza Whatsapp”, come li chiamano loro, ormai diffusi in tutte le grandi città italiane e che a Ravenna stanno lavorando in via sperimentale anche in collaborazione con la Polizia municipale. Da qualche mese è stato infatti inserito nelle chat anche un numero operativo dei vigili urbani. Del progetto se ne parlerà più nel dettaglio in un incontro pubblico con i coordinatori e a cui sarà presente la stessa Municipale, in programma lunedì 5 febbraio alle 20.30 alla sala D’Attorre di via Ponte Marino, a Ravenna. Nel frattempo abbiamo incontrato quattro coordina-
tori dei gruppi (Barbara Aprile, Monica Baldi, Filippo Landi e Michela Maccarelli), il cui scopo principale – sottolineano – è quello di fare informazione e di conseguenza prevenzione. Il funzionamento è ormai noto ed è un chiaro esempio di cittadinanza attiva: nelle chat della celebre applicazione di messaggistica istantanea per smartphone, Whatsapp (e poi simultaneamente sulla
pagina del principale social network, Facebook), i cittadini (inseriti dagli “amministratori” dopo una loro richiesta, grazie in particolare al passaparola) segnalano situazioni e persone sospette al fine di cercare di evitare truffe o colpi in appartamento, ritrovare auto rubate o qualsiasi altre informazioni possano migliorare perlomeno la percezione di sicurezza. Cinque, forse seimila i cittadini coinvolti nelle chat, che coprono ormai ogni quartiere e ogni frazione del comune di Ravenna. «Il nostro compito – ribadiscono i coordinatori – è quello di fare informazione, fungere da tramite, non vogliamo combattere il crimine, per quello ci sono le forze dell’ordine, che ringraziamo per il grande lavoro di ogni giorno; noi facciamo solo prevenzione. E prima ancora – spiega in particolare Landi – svolgiamo un ruolo sociale: principalmente il compito di queste chat è infatti quello di far conoscere le persone e di far rivivere il quartiere. Io fino a qualche anno fa per esempio non salutavo neppure i miei vicini di casa, ora ci conosciamo tutti». Chi entra nelle chat accetta di seguire una sorta di decalogo, esplicitato in un regolamento inviato a tutti: «Se c’è un problema si chiamano la polizia o i carabinieri, poi si manda un messaggio nelle chat. Se, come è capitato, qualcuno scende in strada, sicuramente questo può
essere un deterrente, ma noi non chiediamo a nessuno di farlo: non chiediamo di cambiare le proprie abitudini o stile di vita ma solo di non chiudere gli occhi quando si va a casa o quando si fa una passeggiata con il cane, per esempio. E di pensare che un rumore potrebbe non essere quello di un vicino che fa dei lavori, ma un ladro. C’è ancora troppa omertà, se si può chiamare così: spesso ci rendiamo conto che la gente preferisce farsi gli affari propri piuttosto che fare caso addirittura a un’esplosione di un bancomat». E non si rischia però di creare allarmismo? «Ma l’allarme c’è – rispondono in coro – e ci sono ancora troppe persone poco informate. Basterebbe fare più informazione, anche da parte dei giornali, per evitare truffe. Noi vogliamo fare in modo che la gente stia più attenta».

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