Senza sintomi ma tamponi positivi, l’odissea di una ventenne: 68 giorni con il Covid

Febbre bassa, dolori muscolari e raffreddore per pochi giorni: «Se non fossimo stati nel periodo di una pandemia forse sarei andata al lavoro». Per essere guariti servono due test negativi di fila: «Per quattro volte il secondo è stato positivo e mi costringeva a ricominciare da capo»

MascherinaI sintomi della malattia sono durati per circa una settimana e sono stati solo dolori muscolari, raffreddore, temperatura corporea tra 37 e 37,5 e bruciore nel petto, eppure Michela, nome di fantasia con cui chiameremo una ventenne residente in Bassa Romagna, è risultata positiva al coronavirus per 68 giorni. Più di due mesi in cui la ragazza ha anche vissuto per quattro volte la beffa del secondo tampone positivo che annullava la negatività di quello fatto due giorni prima (due negativi nell’arco di 48 ore è la condizione necessaria fissata dalle autorità sanitarie per essere considerati completamente guariti). «Non è stata un’influenza come le altre – ci racconta Michela ora che l’odissea è conclusa – ma tutto sommato i sintomi per me non sono mai stati molto pesanti. Diciamo che nelle stesse condizioni ma in un momento senza pandemia forse non sarei nemmeno stata a casa dal lavoro».

Se dal punto di vista fisico non è stata una prova particolarmente dura, non altrettanto si può dire dal lato psicologico: «Mi sono ammalata il 22 aprile, quindi dopo aver già passato quasi due mesi in lockdown come tutta Italia e poco prima che ricominciasse a tornare un po’ di normalità. Questo ha fatto sì che in totale sono stata chiusa in casa per quattro mesi, la seconda parte mentre amici e conoscenti riprendevano a vivere». Michela ha fatto anche quattro chiacchiere con il supporto psicologico fornito dall’Ausl: «Ho avuto la conferma anche da loro di quello che già vivevo sulla mia pelle: quando ti fermi a pensare che hai il virus dentro ti sembra che aumentino i sintomi, quando non ci pensi perché magari ti tieni impegnata con qualcosa allora sembra che stai guarendo».

I momenti più angoscianti sono state le ore in attesa dell’esito dei tamponi: «Sai che devono telefonarti e aspetti l’esito con la tachicardia perché speri che sia la volta buona». Ma come sia stato possibile per quattro volte dover ricominciare da capo non lo sa la ragazza e non lo sanno i medici: «Il mio dottore mi ha detto che era statisticamente impossibile infilare per così tante volte di seguito la sequenza negativo-positivo e io gli ho risposto che invece era possibile perché mi stava accadendo ed ero lì davanti a lui a dirglielo».

Michela riavvolge il nastro e parte dal principio, quando il Covid-19 è entrato in casa dove vive solo con la madre. È stata quest’ultima ad ammalarsi per prima sul lavoro: «Una mattina poco dopo Pasqua si è svegliata che non sentiva sapori e odori. Il 20 aprile ha avuto l’esito di positività. Due giorni dopo anche io». A quel punto, pur essendo entrambe contagiate, i medici hanno consigliato loro di separarsi per facilitare la guarigione: «Mia madre è andata al residence Costa Paradiso di Lido Adriano (adattato a Covid Hotel per queste situazioni, ndr) e io sono rimasta a casa. Lei è guarita a fine maggio ma per precauzione è rimasta isolata perché io ero ancora positiva».

Da fine aprile è iniziata quindi la vita da reclusa in quarantena per la giovane. Con tutto il repertorio riportato da molte testimonianze: Tachipirina per alleviare i dolori muscolari più acuti, spesa recapitata a domicilio e tanta noia da riempire. «All’inizio sentivo gli amici e guardavo Netflix poi quando stavo un po’ meglio facevo esercizi di ginnastica, prendevo il sole, pulivo casa…».

Michela ha anche vissuto la spiacevole sensazione di essere vista come un’untrice. «I vicini di casa del condominio li vedevo passare con la candeggina a pulire dopo che erano venuti a consegnarmi la spesa». E adesso che è guarita non tutti sono sereni: «Ci sono amici che mi trattano in maniera normale ma altri li vedo un po’ incerti e un po’ perplessi perché ho avuto la malattia e magari non sanno se fidarsi della guarigione».

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