lunedì
07 Luglio 2025
Lo psicologo

«Sui social è tutto troppo perfetto, alleniamo i ragazzi alla sconfitta»

Il parere professionale di Farfaneti (Ausl) sull'uso delle piattaforme online e i rischi: «Non demonizziamo, non c'è niente di male a voler diventare un influencer»

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Pexels Omkar Patyane 238480“Mamma, da grande voglio fare l’influencer”. O lo youtuber, o qualcosa del genere. Può capitare sempre più spesso di sentirselo dire dai propri figli. E non è un problema. Almeno secondo Gianluca Farfaneti, psicologo ravennate dell’Ausl Romagna, classe 1967, a cui abbiamo chiesto un parere professionale sul tema.

«È un po’ come quando noi volevamo fare i calciatori, o le cantanti – ci dice al telefono -. Oggi la rete avvicina molto di più certi modelli. E il problema è più che altro quali modelli tendiamo a offrire ai giovani. Se il modello vincente è quello di un 50enne che fa video su TikTok con le proprie colf filippine, forse il problema è un altro…».

Il problema, come capita spesso, è negli adulti. «Al momento non si registrano situazioni patologiche tra gli adolescenti – che invece sono stati molto colpiti da questi anni di pandemia – legate alla voglia di diventare influencer. Ovviamente – continua lo psicologo – come tutti i fenomeni di questo tipo, va visto con attenzione da parte di genitori ed educatori. Consapevoli che oggi il web per gli adolescenti è quello che per noi era il campo da calcio o l’oratorio. Se non ce l’hai, praticamente, sei fuori».

«E se da una parte ci sono gli adolescenti che hanno bisogno di costruirsi un’identità, di rendersi visibili anche su internet, dall’altra – continua Farfaneti – c’è il rischio di isolarsi. Quello che serve è come sempre il confronto genitori-figli, cercare di trovare momenti comuni in cui si parla dei vari modelli. Ma è evidente, per esempio, che se un genitore è sempre collegato, non potrà lamentarsi di un uso smodato da parte del figlio».

Ci sono poi determinati passaggi dell’adolescenza da tenere controllati quando si ha a che fare con i social, sottolinea lo psicologo, «come le prime amicizie, le prime relazioni affettive, l’approccio con la sessualità».

Fondamentale, secondo Farfaneti, è poi allenare i ragazzi alla “sconfitta”, ancor di più nel mondo in apparenza dorato del web. «I social enfatizzano sempre il successo e la perfezione. I ragazzi, ma anche gli adulti in realtà, devono capire che quella non è invece la realtà. Che perdere, fallire, non è la fine del mondo. Ci si può e ci si deve rialzare e riuscire a trovare negli insuccessi un’opportunità per ripartire».

Ma non può essere “pericoloso”, su Youtube per esempio, vedere certi video, che magari possoon promuovere un certo stile di vita poco sano? «Io penso – conlude – che quando i ragazzi guardano i video su YouTube non tendono a immedesimarsi, magari prendono in giro chi compie gesti assurdi, sono consapevoli di certe situazioni e di certi rischi. È più che altro, per loro, un modo per divertirsi. E genitori o educatori devono stare attenti a intervenire, senza essere oppressivi, giudicanti, autoritari: si otterrebbe l’effetto contrario».

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