lunedì
07 Luglio 2025
la testimonianza

Un ravennate in Qatar: «L’atmosfera del Mondiale si respira ovunque. Quei morti…»

«Dal nostro ufficio vediamo partire ogni giorno centinaia di bus: fanno le prove. Sulla sicurezza dei cantieri il Governo è intervenuto tardivamente»

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La veduta dalla finestra della camera di Paolo Vicari, ravennate in Qatar

Dalla finestra della propria camera può ammirare un Neymar con la maglia del Brasile alto alcune decine di metri. Il primo, discusso, mondiale di calcio ospitato in Qatar – in programma dal 20 novembre al 18 dicembre – si fa notare anche da questi piccoli-grandi dettagli.

A raccontarcelo è Paolo Vicari, 52enne ingegnere ravennate che lavora da alcuni anni a Doha, città che vedrà quasi raddoppiare per almeno un mese la propria popolazione (sono attesi 1,5 milioni di spettatori a fronte di 2,4 milioni di residenti nella capitale, che di fatto ospiterà quasi interamente la manifestazione).

«Qui l’atmosfera del Mondiale si respira ovunque – ci racconta al telefono –, dalle gigantografie sui grattacieli alle bandiere delle nazioni partecipanti, dai centri commerciali addobbati ai punti vendita di articoli sportivi. Le mascotte sono dappertutto, le metro tappezzate, senza considerare le tv che trasmettono in continuazione programmi a tema».

Com’è cambiata Doha in questi anni?
«Quasi tutti i paesi del Golfo hanno avuto una grande crescita immobiliare. Doha, in particolare, è stata un cantiere aperto: si vedevano gru apparire e scomparire, mano a mano i pannelli dei cantieri hanno fatto posto a nuovi parcheggi, nuove aree verdi, parchi pubblici con km e km di canalini di irrigazione, piste ciclabili, sottopassi. Quando sono arrivato, Doha non era una città per pedoni: era pericoloso camminare tra questi “jeepponi” che sfrecciavano ovunque, ora invece è tutto diverso».

E cosa succederà durante il Mondiale?
«Il governo sta chiedendo a compagnie e aziende di ridurre al 20 percento la presenza del personale negli uffici, incoraggiando lo smartworking. Io per esempio tornerò a Ravenna. Dal 1° novembre non si può più entrare in Qatar se non muniti di biglietto dei Mondiali, o residenti. Ci saranno poi importanti modifiche alla circolazione: si potrà usare la propria auto solo fino alle 11 del mattino, poi esclusivamente taxi, bus e metro. Dal nostro ufficio, al 23esimo piano, stiamo vedendo tutte le mattine partire da un parcheggio circa 400-500 bus colorati: stanno facendo le prove, anche perché uno stadio è quasi in mezzo al deserto e non si raggiunge con la metro, che durante il Mondiale tra l’altro sarà gratuita. Inoltre le scuole resteranno chiuse».

Novità dal comparto turistico?
«Saranno allestite tre navi da crociera per alloggiare 15mila turisti, per esempio, mentre sarà inaugurato il “6 Stelle” più lussuoso al mondo, con tariffe che si aggirano attorno ai 50mila dollari a notte. I prezzi, in generale, sono 7-8 volte superiori rispetto alla normalità. Chi ne beneficerà di riflesso saranno gli Emirati Arabi, che offrono sistemazioni con tariffe più vantaggiose e pacchetti di volo andata e ritorno da Dubai, che dista solo 40 minuti. Va sottolineato poi come, per andare incontro agli spettatori occidentali, in via eccezionale sarà possibile consumare alcol, in ben definiti punti in prossimità degli stadi, mentre solitamente è vietato in tutto il paese».

Sono arrivate in Qatar le notizie e le polemiche relative ai morti sul lavoro nei cantieri di stadi e infrastrutture?
«Non si può nascondere che qui l’informazione sia controllata: ci siamo accorti che tanti episodi di cronaca non vengono raccontati per non intaccare l’immagine di stato sicuro, che in parte comunque sicuramente è. Sul tema del mondiale le notizie arrivavano quindi da fuori: i morti ci sono stati, circa 6.500 secondo fonti ufficiali. Soprattutto lavoratori provenienti da Bangladesh, India, Sri Lanka, Nepal, che qui sono tanti. E i diritti sono stati calpestati. Parlando con colleghi anche di quelle nazionalità, il problema sarebbe stato legato al sistema degli appalti, con grandi imprese europee che hanno subappaltato a ditte locali che a loro volta hanno arruolato lavoratori stranieri, sfruttandoli, fornendo loro dispositivi di sicurezza non adeguati, con temperature estreme e campi allestiti alla meno peggio. Il governo è intervenuto, ma
tardivamente, su pressioni di organizzazioni umanitarie, limitando le ore, introducendo sistemi di controllo, anche relativi agli stipendi, e un monitoraggio degli incidenti nei cantieri»

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