L’ignorato Yellowface merita invece una chance

Yellow

Ci sono libri che negli Usa e in UK suscitano enormi dibattiti culturali, che monopolizzano prime pagine e vetrine delle librerie, ma quando arrivano da noi non se ne accorge nessuno. Qualche settimana fa ero al festival della letteratura di Edimburgo e c’era un libro di cui tutti stavano parlando entusiasti. Ho guardato quando sarebbe uscito in Italia e ho scoperto che da noi era già uscito, ma non se ne era accorto nessuno.

Parlo di Yellowface (Mondadori) di Rebecca F. Kuang (trad. di Giovanna Scocchera). Si tratta di un romanzo ambientato nel dietro le quinte del mondo editoriale americano con uno sguardo dissacrante e una scrittura brillante. Al centro della vicenda c’è June, una scrittrice americana che ruba un manoscritto a una sua amica sino-americana morta soffocata da un pancake. Dopo il furto, notando la qualità del testo, la scrittrice pensa bene di pubblicarlo a suo nome. Quando la casa editrice le fa notare che è strano per una americana “bianca” scrivere una storia sui cinesi negli Stati Uniti, decide anche di darsi un nome d’arte e far finta di essere anche lei sino-americana, dando luogo a una catena di equivoci e situazioni imbarazzanti. Questo buffo e inquietante autoritratto della letteratura americana è una miscela di critica sociale e ironia.

Gli scrittori americani emergono come molto competitivi e cinici, immersi in un mondo editoriale in cui se vendi diventi un dio, ma se non vendi vieni considerato meno di zero. Non importa la qualità, importano solo le copie vendute e l’essere “woke”, ovvero impegnati, qualità necessaria per stare sull’onda. L’editore di June le fa capire bene che se vuole avere un mercato in America deve parlare di minoranze: afro-discendenti, sino-americani, comunità queer, però per farlo devi essere “dentro” questo mondo, “perché altrimenti sembri razzista”. Kuang prende in giro gli stereotipi e il politicamente corretto, lasciandoci intendere – in un gioco meta-letterario – che lei può fare ironia sul razzismo proprio perché non è bianca. Rebecca F. Kuang infatti è nata in Cina e vive a Boston, ha 27 anni è laureata a Yale, con master sia a Cambridge che a Oxford, e ha all’attivo già sei romanzi e una lista di premi che occupa due pagine di Wikipedia. Insomma, è un’autrice che non dovrebbe passare inosservata. Jellowface è un romanzo ricco di colpi di scena e momenti divertenti, in cui la società letteraria americana finisce nel mirino per la propria ipocrisia.

Credo che da noi questo libro non abbia fatto discutere come negli Usa e in UK proprio perché noi non siamo una società che tutela le minoranze, o che ha adottato il politicamente corretto come standard culturale. Da noi per vendere non devi parlare di afrodiscendenti o diritti gay, ma di omicidi o storie familiari. Da noi se parli di minoranze però potresti essere eletto, purché tu ne parli male, ovviamente.

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