135 – «Almeno Morigia era stato sincero»

Sepolcro Di DanteNel 1780, il Cardinale Luigi Valenti Gonzaga, allora Legato di Romagna, commissionava al conte Camillo Morigia, uno tra i più rinomati architetti della città di Ravenna, la riedificazione del sepolcro di Dante. Posto sopra la porta di accesso e soprattutto sopra l’iscrizione Dantis poetae sepulcrum, lo stemma cardinalizio testimonia la generosità del committente che, a proprie spese, aveva voluto erigere un monumento in onore del Sommo Poeta.
Lungo il corso dei secoli l’opera del Morigia ha suscitato oltre all’ammirazione anche pareri non troppo entusiasti e tra questi non può non essere ricordato quello di Corrado Ricci che nel monumentale volumeL’ultimo rifugio di Dante dava un giudizio non eccessivamente generoso all’opera dell’architetto: «Nell’insieme il tempietto è grazioso, ma non s’accorda con l’austerità del vicino sepolcreto e della vicina chiesa. Anzi, più che del grande e severo poeta dei tre regni d’oltretomba, sembrerebbe il sepolcro di qualche arcade mellifluo e cortigiano e, se si vuole, di Corilla Olimpica, e starebbe meglio in mezzo a un parco, sulla riva di un laghetto solcato dai cigni, fra i mirti e i salici piangenti. Ma noi ci siamo sempre opposti a che si sostituisse con un grande mausoleo (Dio ne scampi e liberi) in stile gotico. Almeno il Morigia era stato sincero: aveva fatta l’arte ch’egli e il suo tempo sentivano».
D’altronde, per Ricci il Morigia «era pe’ suoi tempi un assai buon artista, ma naturalmente accademico sino al fondo dell’anima». .

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