289 – I grandi pini e il poema dell’esule

289) PASCOLI, DANTE, PINETA
Nel 1902 Giovanni Pascoli dava alle stampe La mirabile visione. Abbozzo d’una storia della Divina Comedia. Il testo era preceduto da una dedica a Ravenna in cui, tra i vari spunti offerti, l’autore suggeriva di erigere una nuova tomba per l’Alighieri proprio nella pineta di Ravenna, in quella selva oscura che – come in tanti allora ritenevano – era stata fonte di ispirazione per la Divina Commedia.
Il sepolcro progettato dal Morigia, inoltre, non era particolarmente apprezzato e tra fine Ottocento e primi Novecento erano in molti, oltre a Pascoli, a proporre la costruzione di un più degno monumento che fosse all’altezza del Sommo Poeta: «Oh! erigilo, Ravenna, il monumento alle ossa di Dante e al suo poema e al pensiero dei misteriosi secoli di mezzo, là in quella Pineta […]. Così, quando tu avrai edificato il monumento della divina Comedia, nella selva dov’ella nacque, non ci sarà uomo pensante che non creda dover suo peregrinare, una volta in sua vita, al tempio di Dante, ed essere sensibilmente nell’oltremondo del suo pensiero. I grandi pini col sussurro incessante ripeteranno al nuovo pellegrino il poema dell’esule; e quand’anche tutto ciò che Dante vide e pensò e cantò, fosse già scomparso, l’ultima campana che ancora rimanesse su una torre, da Sant’Apollinare, l’unica ultima squilla, sonerebbe sulla sera, e inviterebbe quel solitario uomo dell’avvenire a piangere su tutto ciò che muore, che poi è sempre così bello così buono, così pieno d’incanto così pieno di rimpianto».

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