Quando l’ingiustizia più assurda diventa verità: “I vicini scomodi”

Matatia Vicini Scomodidi Federica Angelini

In questi tempi così difficili per l’antifascismo, dove imperversano semplificazioni, dove l’apologia di fascismo sembra sempre più considerata un’opinione e non un reato, dove il ministro dell’Interno liquida la guerra di Liberazione come un derby “tra fascisti e comunisti”, raccogliendo consenso, dove il sentimento repubblicano e fondativo dello Stato sembra ormai una roba da militanti di estrema sinistra, ecco, in tutto questo ci sono piccole storie che possono riportarci lì, a quegli anni nemmeno così remoti, a ricordarci come l’orrore è davvero accaduto, non solo sulle montagne tra i combattenti della Resistenza, ma nelle vite quotidiane delle famiglie.
Anche qui, tra le nostre strade, in questa Romagna.

È il grande pregio del libro I vicini scomodi (edizione Giuntina) uscito ormai qualche anno fa dalla penna del faentino Roberto Matatia, classe 1956, che racconta le vicende di alcuni suoi famigliari, una coppia di coniugi ebrei (lui greco da Corfù, lei turca ma italianizzata) che a Forlì avevano fatto fortuna come pellicciai.
Nissim, questo il nome del capofamiglia, a differenza dei due fratelli non si rassegna all’avanzata dell’odio verso gli ebrei in quella fine degli anni Trenta. Decide di resistere e non fuggire, nemmeno quando viene chiamato a Bologna dove subisce pressioni sempre più forti per vendere la villa di mattoni rossi di Riccione. Villa che ha il difetto di confinare con quella villa Margherita acquistata di recente dal Duce e che appunto, soprattutto, ha il difetto di essere posseduta da una famiglia di ebrei.

Tra le immagini più riuscite di questo libro, che sta tra la narrativa e la ricostruzione di fatti realmente accaduti grazie a documenti dell’epoca, ci sono sicuramente quelle a Riccione degli anni del fascismo, dove Nissim aveva clienti tra le mogli dei gerarchi. Dove Mussolini bacia la mano della moglie. In generale, l’arrivo del Duce, il deliquio delle folle, le divise, la roboante retorica fascista vista sulla spiaggia rappresentano scorci inediti e interessanti.

Non c’è resistenza, non c’è eroismo in questo I vicini scomodi, il protagonista cerca di resistere al sopruso per incredulità, nella convinzione che non possa davvero accadere quello che sta accadendo soprattutto a lui, onesto lavoratore, fascista della prima ora. Dovrà inece pentirsi più volte di non aver compreso appieno quanto stava accadendo. Si troverà costretto a una fuga a Corfù e a un ritorno in clandestinità da migrante che fa inevitabilmente pensare ai naufraghi dei nostri tempi. Una famiglia felice che viene ferita e annientata nella sua quotidianità, da un’ingiustizia assurda eppure reale. Attorno, qualche essere umano che dà loro una mano senza troppo compromettersi e tanta, tanta solitudine.

Per certi versi è un libro che idealmente, restando in Romagna, si collega a Il bambino del treno del ravennate Paolo Casadio (Piemme) che racconta una storia dove una famiglia felice viene travolta dall’orrore della storia, dell’olocausto.
Quasi a dire che non basta ricavarsi il proprio angolo nel mondo, quando l’orrore rompe gli argini tutti possono essere travolti.
Forse per questo Roberto Matatia è costantemente impegnato in un lavoro di memoria e testimonianza con i ragazzi delle scuole, e non solo. Un lavoro quanto mai prezioso, come questo libro, di cui, oggi più che mai, non possiamo che essergli grati.

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