Salonicco raccontata tra storia, politica, bellezza e grammatica

Piccola Gerusalemme Saloniccodi Federica Angelini

«[…] ritengo che questo sia un libro che oggi non dovrebbe mancare in una biblioteca degna di questo nome». Quando Moni Ovadia conclude così la prefazione, cos’altro si può aggiungere a Piccola Gerusalemme Salonicco, edito da Cartographic, illustrato (magnificamente) da Angelo Mennillo e scritto dalla ravennate Elettra Stamboulis?

Un viaggio tra parole e immagini dentro la storia di una città unica a recuperare pezzetti di memoria rimossi e dimenticati da tanti e che appartengono alla storia dell’Europa. Una città che ha cambiato volto, popolazione, religione più volte nei secoli, che nel 1943 ha subìto un vero e proprio “mutamento genetico”.
Dove si può leggere la lotta politica attraverso il Novecento, attraverso le contraddizioni della sinistra e le divisioni e le epurazioni del partito comunista. E dove ogni traccia, ogni segno, va cercato attentamente, nella casa natale di Ataturk (una delle poche tracce rimaste della presenza turca in città, che pure è durata secoli) o nell’alluce di Aristotele che si muove nel sandalo, nella statua che campeggia al centro di una piazza che così svela «la natura popolana e di villaggio» della città, «il suo essere centro di una cultura e di una storia senza borghesia».

Ma non è un romanzo storico nel senso a cui siamo abituati del termine e la narrazione di Stamboulis procede per ellissi ed evocazioni, per associazioni che passano attraverso la grammatiche della lingua.
Ricordi familiari e collettivi, vicende personali nel contesto dei grandi sommovimenti mondiali si alternano nella testimonianza del protagonista, Romanos, in un’estate dopo la caduta del Muro.
Romanos ha abbandonato l’idea di diventare ingegnere per diventare filologo e studiare le lingue di quel luogo di sovrapposizioni, sostituzioni, contaminazioni che è stato il mediterraneo tra Grecia e Turchia, dove trovarono rifugio i sefarditi dalla Spagna e dal Sud Italia.

«Nella lingua c’è un grande potere e la grammatica nasconde un incredibile arsenale bellico. Io decisi di possederlo» dice il protagonista. E dopo molte pagine, molti passi, molti racconti, aggiunge: «Con il tempo ho imparato a dare spazio ai dettagli. La grammatica è un meraviglioso luogo di eccezioni. Di eccezioni e di dettagli». E così appare la storia di questa città che vive di un passato di cui ha cancellato tanti segni. Di eccezioni e dettagli, ed è qui che sta il potente fascino del libro che racconta una storia, certo, anzi tante storie, ma ci offre anche la vertigine propria dell’amore per la conoscenza, lo studio apparentemente inutile del protagonista, essenziale invece per capire, per vivere a fondo un’esperienza dell’intelletto che diventa slancio sentimentale verso un luogo, come Salonicco, che oggi a un osservatore distratto potrebbe davvero dire troppo poco.

Pubblicato prima in turco e poi in francese, è arrivato finalmente a fine 2018 anche in Italia, il libro di questa autrice (tra i suoi lavori precedenti ci sono L’ammaestratore di Istanbul per Comma 22 e Diario segreto di Pasolini e Pertini fra le nuvole per Becco Giallo), greca di origine, italiana di Ravenna, insegnante, curatrice di mostre di fumetto (e, per inciso, anche nostra collaboratrice) dimostrando ancora una volta come politica, poesia, bellezza, memoria non solo possano, ma debbano convivere e intrecciarsi per offrirci una dimensione in cui specchiarci, confrontarci e sentirci, dopo la lettura, un po’ meno inconsapevoli, un po’ più europei, un po’ più pronti a leggere il mondo circostante.

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