Il giardino dei mostri di Lorenza Pieri: un (bel) romanzo sociale, politico e di formazione

Pieri Giardino Mostridi Federica Angelini

È vero, il libro è ambientato in Toscana, ma l’autrice è comunque nata a Lugo di Romagna, come recita la bandella di questo Il giardino dei mostri, pubblicato da e/o, e tanto ci basta come scusa per parlarne in questa rubrica, perché davvero ogni scusa può essere buona per parlarne dati i tanti meriti.

Lorenza Pieri, cresciuta appunto nella Maremma di Capalbio, ci racconta gli anni di trasformazione di quel territorio che venne “colonizzato” dall’intellighenzia di sinistra romana mentre ancora esistevano i butteri, le vecchie case di campagna senza luce né acqua, la miseria, la chiusura.
Siamo tra gli anni ’80 e ’90 e intanto è in corso la realizzazione del Giardino dei Tarocchi da parte dell’artista Niki de Saint Phalle che compare tra i personaggi principali del romanzo stesso come figura magnetica, ipnotica, capace di aprire finestre su mondi altri.

Pieri sceglie questo scorcio geografico e temporale, questa epoca di trasformazione, per una commedia umana che è un gioco degli specchi e del doppio continuo: ricchezza contro povertà, cultura contro ignoranza, tradimento contro fedeltà, ipocrisia contro verità, bellezza contro bruttezza, desiderio contro abitudine, corpo contro mente, passato contro futuro.
Nella rappresentazione di due famiglie infelici, ognuna a modo suo, che si riflettono l’una nell’altra va in scena un pezzo di storia italiana sociale e politica che non risparmia nessuno.

Nella trasformazione di un territorio vediamo l’allontanamento dell’élite dal popolo e nei discorsi di un vecchio ubriacone troviamo un’analisi feroce e impietosa, ma assai precisa, di cosa sia la sinistra dei salotti di oggi, nata forse proprio allora. Nei rapporti padre-figlio, moglie-marito, nei rapporti tra amanti e amici, tra padroni-servi vediamo invece la difficoltà degli affetti, dell’accettazione di sé, della capacità di fare i conti con uno specchio vero in cui guardare dentro se stessi attraverso il velo dell’ambizione. E gli specchi sono quelli frammentati, spezzettati che decorano le sculture di Niki de Saint Phalle in quello che è appunto il giardino del titolo, rifugio in cui la ragazzina “buttera”, bruttina ma intelligente e simpatica, figlia di maremmani, troverà la dimensione e il coraggio di essere se stessa.

Se il finale lascia qualche speranza e forse con fin troppo ottimisimo approccia i problemi esistenziali di un’adolescente un po’ fuori dagli schemi, non mancano pagine capaci invece di scavare in psicologie e storie diverse, vederne i limiti, leggerne le grammatiche sentimentali e i muri, convincerci a tratti che in fondo “siamo tutti mostri”, ognuno a modo suo e dove si è nati e cresciuti può fare, e di molto, la differenza. Soprattutto, a fare la differenza sono i nostri traumi.
Un romanzo che è insieme psicologico, sociale, politico e di formazione e che non a caso sta riscuotendo tanta attenzione. Per cui sì, Lugo può andare orgogliosa di aver dato i natali a questa scrittrice molto toscana che vive peraltro oggi negli Stati Uniti.

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