La voce delle ombre: perfetto romanzo storico

Copertina Giallo MondadoriIl caldo è insopportabile a Venezia, d’agosto. Lo è ancor di più nel 1849: sono gli ultimi giorni della repubblica, nata dopo l’insurrezione contro il governo austriaco. La città della laguna è assediata da un anno e un poeta e patriota, Arnaldo Fusinato, racconta quel clima scrivendo: «Il morbo infuria… /il pan ci manca… /Sul ponte sventola/bandiera bianca». Questo il contesto che Paolo Lanzotti ricostruisce alla perfezione nel romanzo La voce delle ombre, Premio Tedeschi 2016, edito da “Il Giallo Mondadori” nel numero di ottobre. Un thriller storico di grande qualità, con dialoghi in molti casi perfetti, personaggi potenti e “giusti”, un plot serrato e preciso. Facciamo un passo indietro, alla partenza della storia: i guai per Daniele Manin non finiscono mai; oltre a tentare di reggere le sorti della rivoluzione e a salvare i propri concittadini da morte sicura, deve anche capire chi abbia ucciso Alvise Scarpa, un quasi anarchico e “irriducibile” (è soprannominato non a caso “fuoco”), sempre in prima linea contro il nemico, contrario a qualsiasi ipotesi di resa. L’uomo simbolo della rivoluzione trova però una soluzione: incarica dell’indagine Teodoro Valier, ex sbirro della polizia asburgica, intelligente e capace, veneziano di nascita, che tutti ritengono una spia del nemico. E Valier indaga, fra furti d’armi dall’arsenale della Repubblica, testimoni reticenti, uomini che dovrebbero aiutarlo e che invece preferirebbero ucciderlo. Teodoro resiste, combatte anche con il fantasma della moglie, morta di parto, insieme alla figlia che le sopravvive solo di tre ore; resiste anche al fascino di una donna preziosa, coinvolta nel mistero del delitto. Fino ad arrivare alla soluzione di tutti gli intrighi, mentre appunto la Serenissima capitola e alza la bandiera bianca. Raccontata in prima persona da Teodoro Valier, la storia funziona davvero bene, le diverse tracce indicate da Lanzotti filano senza incepparsi mai e la conclusione appare inevitabile. E i riferimenti agli eventi storici, come l’assalto al Palazzo Querini Stampalia, sono degni di un saggio storico; scritto con freschezza e grande attenzione allo stile. Resta un rammarico: a eccezione che non si creino “prequel”, le possibilità di far diventare seriale Teodoro Valier non sembrano molte. In realtà le domande sospese sono molte: dove va dopo la resa di Venezia? Riesce a elaborare il lutto per la morte della moglie? Il fatto che sia scattata questa curiosità vuol dire che il romanzo è riuscito nel proprio intento: affascinare il lettore. L’auspicio è che Paolo Lanzotti possa continuare a farlo.

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