L’emozionante distopia milanese narrata da Nicoletta Vallorani

Vallorani Avrai Miei OcchiLa fantascienza è un genere femminile. E, messa così, semplice e quasi “imperativa”, la frase può anche scatenare un litigio da social. Troppi faticano ancora a classificare Frankenstein in questa categoria, perché ci si ricorda solo della paura che scatena la Creatura; ma il dottor Victor è o no il primo, vero, “scienziato pazzo” della letteratura.
Il romanzo esce anonimo a Londra nel 1818. Ecco: il presunto papà di questa letteratura, nei tempi moderni, nasce dieci anni dopo. Non c’è storia, insomma. Il problema, però, non è (solo) storico.
Da molto tempo, infatti, la fantascienza è tornata donna. Al di là di Imperi, galassie e spezie che fanno scavalcare distanze per coprire le quali occorrerebbero eoni. Non sulla quantità di titoli, d’accordo; ma sulla potenza dell’immaginario.

Un esempio illuminante da poco in libreria: Avrai i miei occhi di Nicoletta Vallorani (Edizioni Zona 42). Romanzo distopico, come vuole la maggior parte dei commentatori? Metafora della violenza che la società, da sempre e oggi ancora di più, perpetra contro le donne? Uno sguardo (seguendo la suggestione del titolo) nei possibili incubi del futuro? Rilettura di classici come Barbablù? Un po’ tutto questo e qualcosa di più.

Cosa racconta, Vallorani? Di una Milano degradata, quella che i lettori hanno incontrato in un altro suo romanzo molto potente, Eva (Einaudi, 2002); e, prima ancora, ne Il cuore finto di DR, premio Urania 1992, il primo mai assegnato fino ad allora a una scrittrice. E, forse, la Penelope De Rossi di quell’esordio è un po’ parente di Olivia, voce narrante di questo nuovo lavoro, come in Eva. Con lei c’è di nuovo Nigredo, nome che viene dagli alchimisti, modo d’essere che assomiglia a un Sam Spade che ha perduto ogni speranza e, forse, anche un po’ d’anima.

Insieme devono investigare e capire perché nelle discariche di questa megalopoli divisa da muri reali, non solo di casta e classe sociale, vengano abbandonati corpi di donne bellissime, usate, violate e infine assassinate. Non sono donne “vere”, dice il romanzo, ma cloni, che soffrono, muoiono e rinascono per soffrire ancora, gettate in pasto a uomini famelici, predatori e insaziabili. Quasi vere, insomma. Perché, allora, vengono eliminate, se grazie a loro i potenti soddisfano le proprie perversioni?

Ecco, Avrai i miei occhi è la risposta a questa domanda, che Vallorani propone accompagnando il lettore e i propri eroi in un labirinto di emozioni, con uno stile narrativo perfetto per questa storia: alcune parti sono scritte usando il “tu”, scelta difficile, trascinante e, qui, riuscita in pieno. Un ottimo romanzo.

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