Un romanzo distopico… per chi soffre d’insonnia

Karen Russel Donatori Di SonnoIl romanzo è un esempio di incipit in medias res: ci si trova subito di fronte a un’emergenza fuori dal comune, un’epidemia che sta travolgendo gli Stati Uniti e che non si sa come si sia scatenata.
Gran parte della popolazione non dorme più e, dopo giorni e giorni di veglia, i più muoiono. I deficit possono essere curati grazie alla trasfusione di sonno puro e in Pennsylvania c’è l’unica donatrice universale, la Piccola A, figlia neonata della famiglia Harkonnen, il cui sonno non causa crisi di rigetto.
Ma l’emergenza non ha fine: il padre Felix inizia a non essere d’accordo sui prelievi, mentre un altro donatore anonimo, Y, insieme alla possibilità di dormire trasfonde anche incubi peggiori dell’insonnia. Chi viene contagiato spesso si toglie la vita.

Scritto nel 2014 e tradotto solo adesso, I donatori di sonno di Karen Russell (Bigsur, traduzione di Martina Testa) segue il filone letterario distopico delle pandemie che portano alla soglia della fine del mondo e, in qualche modo, trasforma in domanda la frase «il fine giustifica i mezzi». Perché i donatori di sonno vanno reclutati, convinti ad aiutare gli insonni; e la migliore reclutatrice è Trish Edgewater, sorella di una fra le prime vittime dell’epidemia, Dori.
È lei la voce narrante della storia, che si chiede più volte, di fronte agli snodi della vicenda, se davvero i mezzi possano essere giustificati dalla sofferenza dei contagiati. Trish fa parte delle Brigate Morfeo che, con il loro FurgoSonno, si spostano da un punto all’altro della metropoli per trovare donatori e curare i sofferenti.

Karen Russell racconta questo incubo senza fine quasi con soavità, ricordando come la paura del contagio, la gestione delle cure, la responsabilità individuale siano temi che esistono da sempre. Infatti Trish, che in realtà ha strumentalizzato il dramma della morte della sorella per convincere i portatori sani di sonno recalcitranti, fa i conti con le cause del proprio dolore e arriva così a chiedersi fino a che punto ci si possa spingere per affrontare l’emergenza. La descrizione del vortice della lotta al contagio, con i sospetti che la cura sia peggiore della malattia, anticipa le realissime vicende della pandemia di Covid.

L’ondata di insonnia come disastro può ricordare l’analoga disgrazia che capita agli abitanti di Macondo in Cent’anni di solitudine di Marquez; e il cognome della Piccola A richiama, non si sa quanto volutamente, gli Harkonnen della saga di Dune di Herbert.

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