Il quaderno del bimbo di 90 anni fa e il continuo mutare delle convenzioni sociali Seguici su Telegram e resta aggiornato La settimana scorsa passeggiavo accanto alle bancarelle di un mercatino d’epoca. Sul panno di un mercante erano distese vecchie riviste. Le donne fotografate in copertina avevano i capelli cotonati e gli abiti in tinta pastello, fino sotto al ginocchio. Erano quelle immagini, prima ancora della carta logorata e dell’anno di pubblicazione, a rivelare quanto fossero vecchie. Accanto alle riviste, erano stesi vecchi strumenti da cucina, diverse pepiere. Davanti a tutti, ma quasi nascosti da un vassoio di posate in finto corno, una piccola pila di quaderni. Era evidente che, nello sgombero di una cantina, il rabazziere aveva preso pure quelli. Sopravvissuti fino ad allora, adesso erano lì davanti a me. Una decina in tutto, ma con l’altezza non superiore a qualche millimetro, tanto erano, e sono, sottili. Le pagine sono quasi trasparenti, tanto allora si risparmiava sulla carta. Ricordano le vecchie bibbie che vedevo da bambino quando i Testimoni di Geova venivano a trovare mia nonna. Si partiva con la Bibbia, ma poco dopo “l’evangelizzazione” diventava un colorito “trebbo” con tanto di bottiglia di vino e ciambella intavola. Restavo io con quel volume affascinate. Mi intrigava quel libro dalla copertina in cuoio nero e le infinite pagine scritte fitto fitto, ma quasi trasparenti, di carta velina. Del contenuto non mi interessava niente, ma mi divertivo a sfogliarle con cura per il rumore che facevano. Questi quaderni di un tempo andato mi hanno evocato quei ricordi. Forse per le pagine filiformi, forse perché su di essi c’è scritto “Terza elementare”. Più o meno la classe che facevo io ai tempi dei “trebbi religiosi” di mia nonna. Ma questo bambino ha fatto le elementari, molto prima di me. L’anno scolastico, scritto sulla copertina, è quello del 1929-1930. Mi ha incuriosito vedere cosa avesse scritto un alunno come lo ero stato io, tanti anni prima. Ho sfogliato i quaderni di matematica, di scienze, ma l’attenzione misi è posata su quello di italiano. Su un suo tema, dal titolo “Il mio gattino”. Ne ho letto le righe. In alcuni frangenti ho ritrovato sentimenti comuni, che riconosco, assolutamente attuali, come il piacere di un bambino ad avere un gatto. In altre ho percepito i quasi cento anni del quaderno che avevo per le mani. Per esempio l’immediatezza e la naturalità a parlare della morte. “Il mio primo gatto… un mattino lo trovai morto nel fosso della strada”, scrisse. E poi l’accettazione di quelli che erano gli usi e i costumi di allora, ovvero, considerato che il successivo gatto si ammalò “lo abbiamo portato lontano per quattro volte, ma lui si è sempre venuto a casa”. Il bambino racconta serenamente che per quattro volte lui, con la sua famiglia, ha tentato di smarrire il gatto, per giunta malato. Oggi a parte che si incorre nel penale, ed al linciaggio tramite Facebook, sarebbe irricevibile per un bambino, ed anche per gli adulti, una soluzione simile. Nel quaderno manca una pagina purtroppo. Il tema si interrompe quando racconta che la quinta volta, anziché ritentare l’abbandono, l’hanno portato dal nonno. Cosa sia poi successo a casa del nonno, non lo so. Ma sospetto niente di buono. Cosa si evince dal tema del gatto? Che la cultura cambia continuamente. Così era cent’anni fa, ma anche meno, l’approccio con gli animali domestici. E chissà come sarà tra cent’anni. Ma basta riguardare il primo Vacanze di Natale, gli spot degli anni ottanta, per assistere a situazioni e battute oggi inaccettabili per il politicamente corretto attuale. Tutto cambia e nel sociale c’è una buona dose di relatività. Allora, dato che i sensi di colpa sono indotti dal super io, che ha molto a che fare con i valori di riferimento, prima di subire così tanto i dettami della nostra cultura, dovremmo anche tener presente che è una rappresentazione di passaggio. Stando ovviamente nei limiti del vivere comune. E nella consapevolezza che la propria libertà finisce dove inizia quella di un altro. Senza subirla troppo. Poi dove sia il giusto e lo sbagliato non so. Però una cosa è certa. Per il gatto va sicuramente meglio oggi. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo