Balordi & Tromboni

Chi, come me, ha figli alle scuole materne, attende l’adolescenza con lo stesso rassegnato senso di ineluttabilità con cui sa che prima o poi dovrà farsi fare il calcolo dei contributi all’Inps.

È comprensibile: come dovremmo reagire davanti al pericolo concreto che la musica di Sfera Ebbasta o i manga coreani entrino a far parte delle nostre vite?

E tuttavia, ho sempre pensato che l’adolescenza, come categoria sociologica, sia ampiamente sopravvalutata. Come se la naturale aspirazione dei teenager all’omologazione non fosse sufficiente, orde di giornalisti ultracinquantenni sembrano non aspettare altro che poter scrivere l’articolo definitivo sull’impossibilità che il mondo sopravviva indenne alla loro favolosa generazione.

Esistono le persone, di qualunque età. Ci sono adolescenti che amano lo sport, adolescenti che fanno volontariato, adolescenti che vivono su Instagram e adolescenti molto riservati. Adolescenti che schiamazzano in strada fino a tarda notte e adolescenti che non si riesce a fare uscire dalla loro camera. Quelli che scioperano per il clima e quelli che sgasano allegramente nuvole nere dai motorini.

Davvero, a parte la fastidiosa tendenza a parcheggiare i monopattini di traverso sui marciapiedi, non mi vengono in mente molti tratti caratteristici dell’adolescenza in sé.

Caffe GramelliniLo dico con tutto il rispetto che un’umilissima mamma blogger deve a una grande firma del giornalismo italiano: caro il mio Gramellini (vedi foto qui a fianco), nel commentare un grave fatto di cronaca che coinvolge due ragazzini, da dove esce la definitiva frase “qualcosa deve essere successo a questa generazione di balordi”? A questa generazione, balorda o meno, siamo successi noi: chi altri ha plasmato il mondo, i valori, i totem culturali?

Dici che “a segnalare la deriva dell’adolescenza si corre sempre il rischio di passare per vecchi tromboni”. Mi sento di toglierti ogni dubbio, Massimo. Noi siamo, ontologicamente, vecchi tromboni. E la deriva dell’adolescenza, semplicemente, non esiste. Negli anni Settanta le pagine di cronaca erano piene di giovani delinquenti quanto oggi.

La mancanza di empatia che viene addebitata dai giornaloni alle baby gang, è la stessa mancanza di empatia che contraddistingue un bravo cinquantenne che abbaia perché una barca di disperati venga lasciata alla deriva, o che fa firmare le dimissioni in bianco a una dipendente incinta.

Noi possiamo giusto cercare di capire chi stanno diventando i nostri figli e magari cercare di mostrargli come è fatta una persona decente. E tenere presente che abbiamo a che fare con delle persone e non con una categoria sociologica, magari, aiuta.

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