E Fellini sognò Picasso: legame onirico tra pesi massimi del Novecento

Fellini CaricaturaÈ proprio vero che ognuno sceglie i propri numi tutelari. Per non parlare di quando li trova direttamente in sogno, pronti a indicare una via che sembrava smarrita nei momenti di inceppo esistenziale: è andata così a Federico Fellini, il regista che ha ridefinito Rimini e la storia del cinema con le sue indimenticabili pellicole intrise di nostalgico lirismo.

Tre volte ha sognato Picasso, pelle abbronzata da un sole internazionale, bicchiere di vino e fiasco sulla tavola come nelle vecchie osterie in cui si fa ancora amicizia con i locali. E tre volte il pittore di Màlaga lo ha “risollevato” dall’empasse come solo i maestri sanno fare. Ché poi «Fellini non ha mai riconosciuto maestri, a parte Rossellini e Picasso. E anche se nella vita reale non incontrò mai davvero il secondo, lo conobbe attraverso un saggio di Jung, lo sognò come un amico, poi come un fratello maggiore, e infine proprio come maestro» – osserva Marco Leonetti, curatore insieme a Nicola Bassano e ad Alessandra Bigi della mostra a Castel Sismondo in calendario per la Biennale del Disegno.
E così, nella maestosa costruzione voluta da Sigismondo Pandolfo Malatesta, il superstizioso signore di Rimini che consultava gli astrologi prima delle decisioni importanti, fino al 15 luglio si può ammirare la traccia disegnata da Fellini di questo singolare rapporto onirico tra due geni assoluti del Novecento.

Nel ’62, quando Fellini è alle prese con la faticosa gestazione di e Picasso appare per la prima volta durante il suo sonno, è un amico rassicurante, che chiacchiera al tavolo con lui e Giulietta Masina all’alba di quello che sarebbe stato un film dalla portatata totalmente rivoluzionaria. Lo sogna poi tra il 1966 e il ’68, quando abbandona il progetto del film Viaggio di G. Mastorna (che sarà definito “il film non realizzato più famoso del mondo”) e infine negli ‘Anni ’80, quando – spiega sempre Leonetti – il regista riminese è travolto dalle polemiche di matrice femminista su La città delle donne e il pittore malagueño è ormai già morto.

Una sintonia, quella dell’autore de La strada per l’artista del periodo blu che si ritrova sicuramente nei temi del circo, nella rappresentazione caricaturale (ma mai volgare) della donna, nell’uso dei colori saturi e non ultimo dell’erotismo in chiave comica e grottesca: esemplificativo in questo senso, anche un nucleo di 42 disegni inediti che rappresenta vari tipi di uomo in dialogo con il proprio organo sessuale ingigantito, da Napoleone al Bobby inglese, concepito negli anni ’70 durante la realizzazione di Casanova e regalato all’amico Tonino Guerra. Il cosiddetto ciclo dei “Prick” nome dalla traduzione facilmente intuibile scorrendo le immagini che, insieme al Libro dei Sogni rappresenta un raro esempio di corpus unitario felliniano.

Un’altra chicca che si può vedere in mostra è i carillon a forma di uccello meccanico che Casanova azionava durante le sue performance amatorie che, insieme ai disegni inediti, testimonia bene come anche i grandissimi del secolo scorso, letti e riletti, studiati e citati possano ancora oggi avere qualcosa di oscuro da raccontare.

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