Ceramica, la sfida di Picasso per sovvertire le Belle Arti

Ceramica Picasso

Opera in ceramica di Pablo Picasso in mostra al Mic di Faenza

Per fare una colomba bisogna iniziare strizzandole il collo.
Pablo Picasso

Delicatissimo come sempre, quel geniaccio impertinente, narciso e sovversivo di Picasso non sentiva di certo il bisogno di mettersi i guanti per buttare lì una sferzata del suo humour nero anche sul tema della pace, che così tanto lo toccava e lo scuoteva da dentro.

La storia di Guernica ce ne rende testimonianza, un latrato di dolore che arriva dal profondo dell’animo umano sconvolto dall’orrore; e poi c’è una storia forse meno nota, meno urlata, ma altrettanto pregnante che ci racconta Salvador Haro Gonzales, professore dell’Università di Màlaga, insieme al curatore indipendente Harald Theil, in quel del Mic di Faenza (Picasso. La sfida della ceramica in mostra fino al 13 aprile 2020), e che confluisce in questa battuta su come realizzare colombe manipolando bottiglie in argilla.

La storia comincia nell’estate del 1947 a Vallauris, nella Costa Azzurra: un Picasso ormai sessantacinquenne, ma tutt’altro che stanco di intraprendere nuove sfide artistiche, diviene apprendista per le tecniche della ceramica nel laboratorio della famiglia Ramié. Sfidando lo studio della ceramica “come un torero nell’arena” creò quasi duemila opere in un anno e operando sulla ceramica come pittore, incisore e scultore mise a sistema una pratica artistica fortemente integrata nei suoi differenti linguaggi espressivi.

«Per Picasso, l’arte e soprattutto la ceramica ha rappresentato soprattutto una sfida a sovvertire il sistema delle Belle Arti, caratterizzato da regole stabilite molto tempo prima della sua vita e della sua attività artistica – spiega Harald Theil – regole che non erano più adatte ai tempi in cui egli viveva».
Così l’artista rielaborò forme esistenti e ne creò di nuove, infatti: «La ceramica di Picasso, oltre ad essere un’opera assolutamente moderna, si inserisce nella millenaria tradizione ceramica, ponendosi in equilibrio tra modernità e tradizione – dice Salvador Haro Gonzales. – Al Mic mettiamo in dialogo le ceramiche dell’artista con anonimi maestri della ceramica del passato: dall’antichità greco-romana, alla ceramica popolare, dalla ceramica preispanica a quella ispano-moresca. La mostra cerca infatti di dimostrare come tutti questi elementi possano essere rintracciati nella produzione del maestro di Màlaga. Inoltre non è possibile comprendere l’opera di Picasso in una specifica disciplina, in modo isolato, ma solo considerando tutta l’opera dell’artista come un insieme organico in cui tutti gli elementi sono strettamente correlati. Alcune delle ceramiche esposte si affiancano ad opere sviluppate in vari media. Ad esempio, la lastra con la Menina fa parte della serie di 56 dipinti su questo tema del 1957».

E in nome della circolarità dell’ispirazione, vale anche il contrario, infatti molti lavori realizzati utilizzando altri linguaggi artistici risentono del germe creativo nato dalla duttile argilla e dai suoi oggetti del passato: «Picasso si interessò anche a frammenti recuperati da cumuli di rifiuti, alle “pignates”, a strumenti da forno, come le “gazzelle”, per le qualità e gli usi che questi oggetti avevano ricoperto. Utilizzò anche mattoni rotti che trasformò in volti di donna – prosegue Haro Gonzales – rivoluzionò la pratica abituale utilizzando metodi poco ortodossi. Ciò che non sapeva lo inventò, attingendo alla sua conoscenza di altre discipline artistiche e alla sua notevole intuizione. Infatti, i Ramiés dissero che un apprendista con le sue caratteristiche, sarebbe stato immediatamente licenziato».

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