Il lacerante inverno di Nicoletta Bianconi Seguici su Telegram e resta aggiornato Se siete stanchi di romanzi rassicuranti, di storie a lieto fine, di intrattenimento estivo, di gialli o romance o di un mix di entrambi, questo potrebbe essere il libro che fa per voi. Un invincibile inverno di Nicoletta Bianconi, pubblicato da Manni a fine 2023, è un racconto straziante, lacerante, disturbante. Una donna parla a se stessa, si osserva, si racconta in una spirale di sofferenza che non lascia tregua. La osserviamo mentre fa visita all’anziana vicina, mentre prende l’autobus, mentre va dalla psicoterapeuta, mentre percorre le vie di Bologna dilaniata dall’assenza di un uomo con cui ha da poco chiuso una relazione. Di lui sappiamo poco, anche del loro rapporto scopriamo pochi squarci, perché tutto ruota in realtà intorno al vuoto che questa persona e quella relazione hanno lasciato nella vita della protagonista. A tamponare quel vuoto la musica, le citazioni letterarie, i gesti routinari, un ombrello nero per uscire quando piove, una carta da parati, il biliardo. E poi il digiuno. Un male che scava nell’animo del lettore che si fa a tratti insopportabile, e spesso incomprensibile. La lontananza, la mancanza, il rifiuto da parte dell’altro possono davvero essere la causa di un simile dolore? Può davvero essere qualcosa al di fuori di noi a ridurci a quello stato di sofferenza? L’amore, il bisogno dell’altro può arrivare a mutilarci fino a quel punto? Un libro che fa male, che costringe a interrogarsi su se stessi, sui rapporti, sulle relazioni. Un libro che per certi versi ipnotizza per come è scritto. Una lingua inizialmente molto orale, diretta, apparentemente spontanea ma chiaramente frutto di un lungo lavoro di cesellatura, con quel “tu” che costringe subito chi legge nei panni della protagonista. Una lingua e uno stile raffinati in cui si intrecciano citazioni di autori e rimandi alla storia dell’arte, che sovrappone l’indagine e lo scavo nell’animo della protagonista con il dettaglio topografico, il nome delle vie, gli edifici, le linee dell’autobus di una Bologna così tangibile nello spaesamento del vuoto interiore che a tratti ci sembra di provare. Ancoraggi al reale come sono quei pochi personaggi che vediamo interagire con noi, perché ormai siamo noi a vivere la storia di questa donna di cui scopriamo il nome solo alla fine. 146 pagine di una scrittura che ti attanaglia e ti avvolge. In quarta di copertina un commento di Paolo Nori, il cui stile inconfondibile ha sicuramente influenzato l’autrice, classe 1973, bolognese, che è al suo secondo romanzo (nel 2019 aveva pubblicato il suo esordio: Qualcosa di giallo. Vita di un rappresentante di moquette) e di cui non si può che aspettare il prossimo. Total1 0 0 1 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: NdL - Nota del Lettore