McEwan: un libro sui nostri dilemmi

Non c’è bisogno di amare alla follia Ian McEwan per dire che questo The Children Act (in italiano La ballata di Adam Henry tradotto da Susanna Basso per Einaudi) è innanzitutto un romanzo meraviglioso. Poi si potrebbe aggiungere che è un libro necessario. La meraviglia sta nella creazione di un personaggio, la protagonista, di cui ci viene raccontata la vita professionale e quella privata, una sessantenne costretta a guardarsi indietro rispetto alla propria vita, a certe scelte fatte e altre non fatte (come quella di avere o non avere figli), al matrimonio, allo status, della sua reazione di fronte a un evento traumatico come la crisi del matrimonio, l’aspettativa di vita alle soglie dell’anzianità. Tutto raccontato da un punto di vista interno profondo ma che resta a rispettosa distanza, dove i pensieri si forgiano anche con le azioni e i gesti a cui aggrapparsi perché a volte salvare le apparenze significa salvare un pezzo di noi stessi. Al racconto del privato, si affianca quello del ruolo pubblico di giudice minorile. Chiamata a decidere dentro le famiglie, Fiona si trova di fronte a dilemmi etici che ci interrogano, di soluzioni mai scontate, in cui siamo costretti a riflettere sui dogmi di una società laica e democratica. Adam Henry è un ragazzino quasi diciottenne che, cresciuto in una comunità di Testimoni di Geova, è pronto a fare il martire e sfidare la morte pur di non accettare una trasfusione di sangue. Fiona lo incontra, i due si parlano e alla fine Fiona prenderà la sua decisione che avrà conseguenze non prevedibili. Ma al di là della singola vicenda (centrale ma non unica nel lavoro della giudice, peraltro), quello che emerge dal libro è un’Inghilterra  fatta di adulti fragilissimi incapaci di prendersi cura da soli dei più piccoli, di una società classista dove la differenza di censo non permette una reale uguaglianza, una società imperfetta dove è tuttavia necessario aggrapparsi a valori e principi che, se guardati sotto una certa prospettiva, appaiono meno solidi e considivisibili di come siamo abituati a pensarli e che però restano tutto ciò che abbiamo. Ecco. In un certo senso, McEwan tocca temi molto simili a quelli dell’algido, ironico, stilisticamente raffinato  Houellebecq. In fondo Soumission e The Chlidren Act mettono entrambi in discussione noi stessi, i nostri sistemi valoriali, le scelte dell’occidente democratico fino a toccare il tema del senso dell’esistenza senza un dio a cui appellarsi. Ma se Houellebecq ha scelto di scrivere un romanzo di fantapolitica con un personaggio che a fatica si distingue dai precedenti, McEwan, da bravo erede del romanzo inglese, ha colto l’occasione per dar vita a My Lady, Fiona Maye, una voce femminile che sarà difficile scordare tanto in fretta.

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