Quella “Middle England” che ci può far capire tanto anche della “Middle Italy”

Middle EnglandÈ tornata la famiglia Trotter, è tornato il Jonathan Coe che ci racconta la cronaca prima che diventi storia, che ci racconta il sentiment, come si suol dire oggi, di un intero paese, la sua Inghilterra, come sempre.
E questa volta è l’Inghilterra che porta dritto alla Brexit.

Profondo quanto un saggio di sociologia, divertente come un libro di Coe, questo (edizioni Feltrinelli, traduzione di Mariagiulia Castagnone) è un libro forse non indispensabile, ma assai utile per capire i tempi che stiamo vivendo per dare forma e sostanza a quel fenomeno politico noto sotto il nome di “populismo”.
Una sorta di manuale di istruzioni per capire come si può arrivare dall’orgoglio dell’essere inglesi a una sorta di desiderio di rivalsa verso tutti coloro che non lo sono, come accade che le persone meno istruite, più anziane, più in difficoltà a leggere i cambiamenti macroeconomici del mondo hanno deciso che loro sì, sapevano, e dovevano votare così anche per i nipoti, giovani, che sbagliavano.

Il nonno ex operaio che vota Brexit per il bene della nipote laureata, ricercatrice universitaria, trentenne, è un’immagine abbastanza memorabile.
Una politica che spacca il paese e arriva a dividere le coppie, che si insinua nelle famiglie, tra le generazioni, fa breccia tra le persone che guardano con nostalgia a un paese che non c’è più. Tutto viene percepito come minaccia, in un mondo dove le fabbriche vengono sostituite da negozi e ristoranti, dove non si producono più beni, dove come prima del 2007 in pochi anni alla City si può diventare milionari e ritirarsi dal lavoro. Ma è anche un mondo dove le donne di origine asiatica ottengono promozioni sul lavoro a discapito del maschio bianco inglese.

E convincersi che sia una questione di politically correct più che di merito può essere allora facilissimo, convicersi che il “maschio bianco” è la nuova vittima designata diventa lecito, accettato, condiviso.
Anche perché nel frattempo il politically correct è diventato un mostro che sta effettivamente corrodendo il buon senso, senza risparmiare nessuno.
Un’arma impropria che può diventare letale e che ben presto si trasforma in un boomerang.
Si viaggia tra Birmingham e Londra, si assiste con orgoglio britannico all’apertura dei giochi olimpici che celebrano la grande Inghilterra, si scivola verso la Brexit impotenti.
Mentre, e questa è sicuramente la parte più esilarante e insieme forse tragica del libro, la classe politica al governo si rivela sempre più inadeguata, sempre meno consapevole e capace.

Brexit nasce con la famosa palla di neve che diventa una valanga mentre tutti, sull’altro lato della montagna bevono champagne convinti che nulla cambierà davvero.
Ci sono talmente tante analogie con l’Italia di oggi, più di quante ne permettesse qualsiasi precedente libro di Coe, da far pensare che tra tutti sia questo l’effetto più concreto della globalizzazione.
Una differenza formale è però evidente: il potere in Inghilterra lo sta prendendo un ex gruppetto di studenti destrorsi di Oxford. Noi qui potevamo forse ancora sperare che una classe politica più preparata potesse mostrarsi più adeguata.
Coe ci ha tolto anche quel barlume. Ma lo ha fatto con humor, momenti di puro genio comico, capacità introspettiva, ridando vita a una serie di personaggi che ci sembrano, a ogni età, sempre più veri, sempre più vecchi amici alle prese con nuovi problemi e nuovi dilemmi, che sono poi anche i nostri.

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