Un (bel) romanzo di formazione inglese Seguici su Telegram e resta aggiornato Un romanzo di formazione, amicizia, indagine sociale e psicologica sullo sfondo di un quadro economico e politico. La lista delle cose sospette di Jennie Godfrey (Bollati Boringhieri, 2025 traduzione di Clelia Venturelli) è davvero un piccolo gioiello di narrativa che forse non sta avendo la giusta rilevanza sulle pagine di critica letteraria nazionale (come peraltro spesso accade per i titoli di questo editore). Prendendo spunto da un terribile fatto di cronaca dello Yorkshire, Inghilterra, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, la scrittrice britannica racconta una storia a cui è impossibile restare indifferenti. Godfrey è infatti degna erede della grande scuola inglese e oserei dire in particolare del maestro indiscusso del genere, ossia Mr. Charles Dickens. La scrittrice sceglie il punto di vista di una ragazzina per raccontarci uno spaccato di mondo e, insieme, le alterne vicende di una galleria di personaggi assolutamente vividi senza rinunciare a un sottile humor che permea e attraversa le storie che si intrecciano. Lo spunto nasce da Miv, che coinvolge l’inseparabile amica Sharon in un’indagine fai-da-te per scoprire chi sia il moderno Squartatore di donne che sta seminando il panico tra Bradford e Leeds. Solo così, pensa Miv, non sarà costretta a trasferirsi nel sud, come hanno ventilato il padre e la zia. Durante questa ricerca, grazie al loro sguardo ancora fanciullesco ma che si affaccia sull’adolescenza, fotografano e ci restituiscono un angolo di mondo in tutta la sua complessità. Dall’odio razziale nascente nelle periferie inglesi verso gli immigrati asiatici al dilemma di questi stessi immigrati rispetto alle proprie origini, dalla crisi economica feroce che ha portato alla chiusura delle fabbriche e alle file di disoccupati davanti all’ufficio di collocamento alla violenza domestica che gli adulti fingono di non vedere, dalle fabbriche dismesse ai primi divorzi fino allo stigma sociale della depressione, l’umanità di questa cittadina è palpitante di vita e sofferenza ma anche di riscatto e guarigioni. A tratti sembra di guardare un film di Ken Loach, ma Godfrey riesce comunque a trovare una sua voce originale. L’io narrante di Miv si alterna ad altri punti di vista interni movimentando il racconto e impendendo a chi legge di abbandonare le 340 pagine del libro prima di arrivare alla fine. Vivace, intenso, divertente e a tratti commovente, il romanzo riesce a essere allo stesso tempo lieve e profondo e potrebbe risultare una lettura adatta a più età perché, pur collocato e connotato geograficamente e storicamente, racconta anche una storia universale di speranze, fatiche, sentimenti. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: NdL - Nota del Lettore