Le “Variazioni Goldberg” esaltate dal nobile e misurato tocco pianistico di Bahrami

Ramin Bahrami PianoQuando nella quotidianità si parla d’integrale molto spesso ci si riferisce ai cereali lasciati nella loro interezza, non privati della crusca, del cruschello e delle altre componenti che rendono, sì, gli alimenti meno gustosi, ma più salutari. Sotto un certo punto di vista si può applicare questo principio anche all’àmbito musicale.

È, infatti, vero che nell’ultimo quarto di secolo si è assistito a un vero e proprio florilegio di concerti e registrazioni discografiche incentrate sull’esecuzione integrale di opere, spesso di compositori ignoti: se si può parlare di fine documentaristico per l’incisione, molto spesso lo spettacolo dal vivo serve solo a convincere il sempre meno presente pubblico a preferire la tivvù generalista a una serata tra i palchi di un bel teatro. Non si può tacere, d’altro canto, che l’obiettivo di queste composizioni non era certo quello di essere eseguite tutte d’un fiato.

L’unica eccezione a questa regola potrebbe essere costituita dalle celeberrime Variazioni Goldberg BWV 988 composte da Johann Sebastian Bach con una bizzarra motivazione. Come racconta Johann Nikolaus Forkel, primo biografo del XVI Thomaskantor, il conte Hermann Carl von Keyserling chiese e ottenne delle composizioni che Johann Gottlieb Goldberg, musicista sotto la comitale protezione potesse suonare durante i frequenti attacchi d’insonnia del nobile. Nacquero così quelle che oggi sono uno dei vertici assoluti della varietà compositiva applicata alla variazione.

La scelta temeraria di portare, il 5 novembre scorso all’interno dell’Emilia Romagna Festival, sul palco del teatro Masini di Faenza quest’opera è stata ben giustificata dall’esecuzione magistrale del pianista Ramin Bahrami, che sagacemente si augurava, in un breve dialogo introduttivo col pubblico, di trovare la platea sveglia alla fine delle variazioni.
L’interprete donava al pubblico faentino una lettura personalissima e tuttavia intessuta di una nobiltà che ben si addice a queste pagine. L’uso parco del pedale e il ricorso a quello a una corda trasportava tutto il teatro in una dimensione intima che solo una stanza da letto può vagamente ricordare: la sonorità cameristica sublimava in una interpretazione dove la misura era il metro primo della bellezza. La capacità di fraseggio del pianista iraniano stupiva per chiarezza articolatoria e solidità concettuale.
Le Goldberg sono un caposaldo del pensiero musicale come può esserlo la Critica della ragion pura di quello filosofico, tuttavia con una lettura così coerente e puntuale, diventano assai più accessibili al grande pubblico divenendo capolavoro non solo intellettuale, bensì anche artistico.

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