Capolavori di Vivaldi e Scarlatti rifulgono con Accademia Bizantina

Accademia Bizantina

Accademia Bizantina (foto Giulia Papetti)

Il teatro Goldoni di Bagnacavallo, ormai da quattro stagioni, offre al suo pubblico una proposta musicale di qualità, con un pensiero vero e non banale che mette in risalto tutte le varie sfaccettature della “musica antica”.
Il primo appuntamento della rassegna “Libera la Musica”, il 19 dicembre, dal titolo “Sacro e Profano” non è stato un normale concerto di auguri di Natale e nemmeno un polpettone di brani semisconosciuti da opere di nicchia, così come vengono definite da certe menti (?) di comuni limitrofi alla città «che non rifiglia» le composizioni che non sono almeno di dominio nazionalpopolare.

Un centone dell’italico genio, invece, è stato lo svolgersi della serata, con alternati brani di Alessandro Scarlatti e di Antonio Vivaldi, paladini dei due centri di produzione più importanti del periodo barocco, titano il primo della scuola napoletana e il secondo della veneziana, eseguiti dall’Accademia Bizantina diretta al clavicembalo e organo da Ottavio Dantone, con la partecipazione del contralto Delphine Galou.

Ad aprire la serata la sinfonia scarlattiana dall’opera Venere e Amore grazie alla quale l’orchestra rompe il ghiaccio lasciando trasparire l’emozione per il debutto in casa.
A seguire, dalla stessa opera il contralto francese, di rosso vestita, sorprende con «Chi dà pace a questo core», mettendo in luce fin dalle prime note del recitativo una voce intensa e brillante, specialmente nei registri acuto e centrale.
Questo stato di grazia si manifesta sempre più sfolgorante nelle arie a seguire, specialmente nella bellissima «So ch’ella è il sole» (una piccola nota: è probabile che la Galou apprezzi molto le frequentazioni romagnole tanto da assorbirne la pronuncia di alcune parole. Era davvero impossibile non notare la stèlla invece della più toscaneggiante stélla).

In mezzo alle arie scarlattiane l’orchestra si è, invece, cimentata nel Concerto RV 541 del Prete Rosso, ma lo stupore si è generato nel sentire il Concerto “Per la SS.ma Assontione di Maria Vergine” RV 582 nel quale il maestro di concerto Alessandro Tampieri si è mostrato come l’eccellente violinista qual è tanto che la bellissima, lunghissima e difficilissima cadenza finale pare lasciare di sasso direttore e orchestra stessi che chiosano le battute dell’ultimo tempo come allibiti dalla bravura del loro collega.

Se finora si è parlato quasi esclusivamente di profano, con lo Stabat Mater RV621 si è conchiusa l’indagine sul sacro. È la voce della Galou, con un più morigerato abito color tortora, che scalda gli affetti scritti da Vivaldi, tuttavia non convincono appieno alcune scelte operate dal direttore: su tutte la velocità di alcuni numeri. «Stabat Mater dolorosa» introduce uno stato in luogo che nell’esecuzione bizantina appare, invece, come una corsa, come se la Vergine stessa fosse in ritardo per quella che è a tutti gli effetti una fotografia letteraria.
Certo, però, non mancano le note positive. Non si possono celare i pizzicati del violone che, nel «Fac ut ardeat cor meum» sono un rimando per nulla velato al palpito del cuore, né si può evitare di lodare le delicatissime realizzazioni di Tiziano Bagnati che, con il suo liuto, intesse una tela nella quale è dolce scivolare.

Il pubblico, che probabilmente voleva omaggiare la cantante transalpina con un contegno più adeguato allo Stade de France che a un teatro, non si è limitato ad applaudire, ma ha richiesto ben due bis (avanzando anche pretese) che i bravi esecutori hanno gentilmente concesso: l’aria «L’innocenza sfortunata» dal Tieteberga e nuovamente “So ch’ella è il sole”.

Chiudere l’anno con queste esecuzioni è il miglior augurio che un teatro possa fare, uno spessore culturale notevolissimo che si affianca a un’altissima bravura interpretativa: la dimostrazione de facto che la musica, per essere goduta in platea, non ha bisogno di concerti-panettone.

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