Un’Agitata tra luci e ombre al Goldoni con Delphine Galou in forma precaria

Delphine Galou

Delphine Galou

Agitata: questo il titolo del concerto conclusivo, del 22 marzo, della rassegna “Libera la musica”, promossa da Accademia Bizantina, andato in scena al teatro Goldoni di Bagnacavallo, perfetta bomboniera per gustare i capolavori della musica antica proposti da questa serie di appuntamenti. A conferma delle attese, in questa circostanza si era riunito tutto lo stato maggiore dell’orchestra ravennate, alla cui guida sedeva stabilmente il pilastro della compagine, Ottavio Dantone.

Il concerto si è aperto con un’interessante lettura del Concerto grosso op.2 n.2 di Giovanni Lorenzo Gregori, della quale si è potuta apprezzare la perizia dei continuisti nell’arte della diminuzione. Dei pochi brani orchestrali, oltre al bel Concerto grosso op.6 n.4 di Arcangelo Corelli, nel quale i tre solisti del concertino hanno mostrato un’ottima intesa, è nel Concerto grosso op.3 n.3 di Francesco Geminiani che il gruppo ha dato il meglio di sé, offrendo al pubblico presente una interpretazione fresca e convincente, a dimostrazione del fatto che, per quanto complesse possano essere le opere del compositore toscano, esse sono davvero meritorie di attenzioni particolari.

La partecipazione al concerto del contralto francese Delphine Galou era il più grande stimolo a uscire di casa in una fin troppo fresca serata marzolina, tuttavia sin dall’esordio è apparso chiaro che la sua forma fosse precaria: il timbro era troppo opaco e la tessitura delle arie non l’aiutava a risollevare la voce dalle pastoie, lasciandola spesso cantare in un’area centrale della sua gamma vocale, una vera e propria zona d’ombra, tanto che “la basseria” spesso copriva con la sua prestanza la voce del contralto. Va notato che, indipendentemente dal tipo di pronuncia latina che si vuole adottare, ecclesiastica o classica che sia, è importante per il pubblico percepire al meglio le parole, mentre la cantante francese lesinava consonanti vocalizzando: lo si poteva concedere (forse) alla Callas, ma erano altri tempi!

L’orchestra rispondeva alla cantante dando l’impressione di suonare sotto minaccia di una punizione divina, perdendo smalto e affossando l’interpretazione in un labirintico processo mentale che non restituiva affatto l’arcibizzarria della musica barocca.

L’unica aria veramente sorprendente è stata il bis Armatae face et anguibus da Juditha Triumphans di Antonio Vivaldi, dalla tessitura più congeniale alla cantante francese la quale ha restituito brillantezza e splendore alla sua voce e all’Accademia Bizantina.

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