La maestosa armonia, avvolgente e coinvolgente, della “Petite Messe Solennelle” di Rossini diretta da Paolo Olmi

Paolo Olmi DirigeL’ordinarium missae è il fondamento della celebrazione eucaristica della Chiesa cattolica, l’insieme di quelle parti fisse che compongono la spina dorsale della liturgia. Non stupisce, quindi, che l’ordinarium sia stato oggetto di grandissime attenzioni da parte della storia della musica: tra la folta schiera di compositori che si sono cimentati con questo tipo di composizione compare anche Gioacchino Rossini il quale riteneva la sua Petite Messe Solennelle l’ultimo tra i suoi Péchés de vieillesse, come definiva gli ultimi lavori il compositore pesarese. Una delle cornici più adatte a ospitare l’esecuzione di questa composizione è certamente la Basilica di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna nella quale il 28 marzo scorso la Young Musician European Orchestra e il Coro del Teatro della Fortuna “Mezio Agostini” – sul podio il maestro Paolo Olmi – hanno fatto risuonare le note del capolavoro rossiniano, per la rassegna curata da Emilia Romagna Concerti.

La stesura originale del Cignale di Lugo prevedeva un coro leggero, due pianoforti e un armonium, oltre a quattro solisti, e solo in seguito il musicista rivide la composizione rivestendola delle sonorità orchestrali. Nell’esecuzione ravennate non è stata l’intimità cameristica della scrittura originale a essere protagonista, bensì la solenne maestosità dello slancio devoto di cui le pagine sono intrise nella loro veste più grandiosa. Sotto questa lente appare giustificata la miriade di coristi che, con un grande equilibrio tra le varie voci, pareva mettere in vibrazione persino i mosaici bizantini, spettatori attivi del mistero divino.

I quattro solisti erano chiamati, dalla scrittura del compositore, a grandi e importanti interventi. Il soprano Lucrezia Drei, nonostante qualche licenza di troppo, sfoggiava una voce brillante che ben si amalgamava con quella del contralto Aude Extremo, un po’ evanescente invece negli acuti, ma dai bassi assai poco apollinei. Marco Ciaponi si dimostrava tenore molto ligio all’acuto, sempre raggiunto con l’ormai bolso colpo di glottide, mentre il basso Federico Binetti, sostituto del georgiano George Andguladze, si distingueva per la grande attenzione alle indicazioni provenienti dal podio.

L’orchestra convinceva nel reggere l’ordito delle pagine rossiniane: stupivano, inoltre, la qualità e la quantità di giovani musicisti appartenenti a questa compagine. La bacchetta di Paolo Olmi era, infine, il necessario strumento di sintesi di tutte queste realtà in un’armonia avvolgente e coinvolgente perfettamente adatta ad accompagnare l’inizio del Triduo pasquale.

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