Le personalità artistiche di Schumann nella convincente interpretazione di Chiesa e Baglini

Baglini Chiesa

Apollineo e dionisiaco. Questa è la dicotomia che sta alla base, non solo della produzione musicale di un gigante del romanticismo come Robert Schumann, ma di tutto il suo essere uomo dell’Ottocento. Eusebio e Florestano erano le due personalità artistiche che il compositore stesso individuava nella propria musica: il primo era latore di riflessione, mentre il secondo d’impetuosità. Con questa lente va letta l’interpretazione che il duo composto da Silvia Chiesa al violoncello e Maurizio Baglini al pianoforte hanno offerto agli spettatori dell’Emilia Romagna Festival nella splendida cornice del Ridotto del Teatro Masini di Faenza lunedì 19 marzo.

I Phantasiestücke op.73, ottimo esempio di quella musica destinata dal compositore all’esecuzione casalinga, la Hausmusik dei coniugi Schumann e dei loro otto figli, erano stati concepiti in origine per pianoforte e clarinetto, tuttavia, come detto da Baglini nel cappello introduttivo, proprio il musicista tedesco aveva aperto l’esecuzione anche ad altri strumenti monodici, tra cui il violoncello del quale ammirava la profonda espressività.

L’Adagio e Allegro op.70, anch’esso destinato originariamente non al violoncello, ma al corno, manifesta quell’animo duplice che è insito nella visione musicale di Schumann. L’interpretazione che il duo ne dà è nettamente figlia di un grande lavoro di ricerca verso questa visione bipartita del pensiero del compositore di Zwickau.

All’interno di questa integrale delle opere schumaniane per violoncello e pianoforte ha trovato spazio un’interessantissima lettura delle Kinderszenen op.15, grazie alla quale il pubblico faentino ha potuto apprezzare i (rari) pianissimi che Baglini ha regalato alla platea, purtroppo non gremita, del Ridotto del Masini.

In chiusura i Fünf Stücke in Volkston op.102, eseguiti in pubblico per la prima volta, alla Gewandhaus Saal di Lipsia, solamente tre anni dopo la morte del compositore tedesco, hanno permesso ai bravi interpreti di definire a tutto tondo la loro personale visione della produzione schumanniana, forse leggermente troppo concentrata sull’importanza della disgraziata vita del musicista romantico, ma comunque assai convincente.

Non sono mancati i bis, il bel Vocalise di Sergej Rachmaninov e il secondo movimento dalla Sonata op.38 di Johannes Brahms, che hanno congedato il pubblico soddisfacendo anche le orecchie più esigenti.

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