Meraviglie musicali alla Rocca di Ravenna, peccato fossero amplificate

Accademia D'Arcadia ArtemisiaCome la Rocca Brancaleone, piegata ma fiera, la musica a Ravenna è finalmente ripartita. Il 29 giugno, grazie alla solerte programmazione approntata a tempo di record, a pochi giorni dall’inaugurazione, Ravenna Festival ha offerto al proprio pubblico un concerto sui generis.
Artemisia Gentileschi, pittrice seicentesca, è stata la figura indagata in questa occasione nella quale i musicisti dell’Accademia d’Arcadia hanno sapientemente reso le sonorità nelle quali la giovane ragazza era immersa. Meraviglie musicali poco frequenti sui palchi odierni, quali le sonate di Giovanni Battista Fontana o di Dario Castello, le arie di Monteverdi, Luigi Rossi, Stefano Landi e, unica musicista, Barbara Strozzi affidate alla voce di Silvia Frigato.
La cantante era davvero in stato di grazia: oltre all’ormai consueta precisione nell’intonazione e alla non comune raffinatezza del fraseggio, il soprano ha sfoggiato un’interpretazione carica di densità emotiva, coinvolgente oltre ogni misura. Mirabile sopra tutto l’interpretazione di Hor ch’è tempo di dormire. Canzonetta spirituale sopra la Nanna di Tarquinio Merula. La Frigato è una di quei (rari) cantanti, che non si smetterebbe mai di ascoltare.

L’orchestra Accademia d’Arcadia si dimostra assai interessante per le soluzioni timbriche scelte sapientemente dalla direttrice al clavicembalo Alessandra Rossi Lürig. Notevoli, soprattutto, le diminuzioni dei due violini che, insieme alla viola da gamba, indulgono in passaggi eleganti e meravigliosi. Il ricco continuo era, forse, un po’ troppo arpa centrico, tuttavia la grande varietà di timbri a disposizione è stata ben sfruttata dall’orchestra. Sul palco, dietro di loro la proiezione del filmato di Anagoor, efficace, ma cruento senza appello, nel riordinare le pagine della vita della Gentileschii, armonizzandola con la musica.

In cauda venenum. In uno spazio ridotto come è il cuore della Rocca Brancaleone è davvero necessario amplificare della musica ideata per questi spazi? Davvero l’uomo non riesce più a pensare la musica senza elettricità? Questo è un messaggio desolante poiché l’amplificazione tutto appiattisce e uniforma senza appello e senza possibilità di fuga da questa evidenza. Un esempio su tutti il suono del clavicembalo che, nei momenti migliori, ricordava tanto le “pianole”. Cui prodest?

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