Su Caparezza e sul come rifarsi una verginità artistica dieci anni dopo averla persa

TCaparezzara i lati negativi della cosiddetta retromania c’è che alle volte ci troviamo a rimpiangere certi lati particolarmente oscuri e tristi del nostro passato solo perché all’epoca avevamo i capelli e il ventre piatto. E credo che questo sia dovuto al fatto che gli eroi decadenti sono accolti meglio degli eroi ciccioni. Nella fattispecie: ne ho parlato diverse volte di recente, ma se prendete la musica italiana uscita alla fine del 2017 ci sono tre dischi legati tra loro a doppio filo. Sono dischi molto ben accolti dalla critica, che ne ha lodato l’ampiezza di visione, la capacità di reinventarsi, la personalità e la qualità delle canzoni. E tutti e tre vengono da artisti che si sono imposti con musica la cui ampiezza di visione, capacità di reinventarsi, personalità e qualità del songwriting era pressoché nulla. In altre parole, si tratta di tre buoni dischi fatti da gente che agli inizi faceva schifo a tutti. Parlo ovviamente di Jovanotti, Cremonini e Caparezza.

Jovanotti sta seguendo da vent’anni e passa la stessa strategia artistica, che se vogliamo è anche accorta: scrive canzoni, si circonda di musicisti stratosferici, accoglie sotto la sua ala qualche indipendente, e via andare.

Cesare Cremonini continua a cesellare la sua visione magniloquente di pop orchestrale applicato al pop non orchestrale – io personalmente lo preferivo quasi ai tempi dei Lunapop, ma sono in minoranza.

Caparezza ha fatto l’opposto: ha preso il nome, il personaggio e la musica con cui aveva provato a fare successo negli anni novanta, li ha buttati nel cestino ed è passato oltre. Delle tre è la storia meno frequentata a dire il vero: negli anni novanta si fa chiamare Mikimix, nasce come volto giovane dell’allora Videomusic (conduceva “Segnali di Fumo” assieme alla Maugeri, una cosa un po’ difficile da descrivere, era una trasmissione di stampo alternative ma in studio c’era una cagnara simile a quella di “Non è la Rai”), e contemporaneamente s’arruola nella classica trafila sanremese per sfondare come cantante, come dei Sottotono vietati ai minori o un Nesli antelitteram. Poi semplicemente decide di dargliela su: un po’ l’insuccesso e un po’ il disgusto di se stesso. Mikimix, all’anagrafe Michele Salvemini, si chiude in un garage di Molfetta a scrivere nuove cose e nel 2000 ne esce con una testa di capelli tipo Abatantuono, il nome Caparezza e un disco rap dai toni molto più decisi. Il botto commerciale vero e proprio è col disco successivo, che si chiama Verità Supposte e contiene il singolo “Fuori dal Tunnel”. Le principali critiche a Mikimix/Caparezza in questo periodo non sono legate alla mafia dell’indie quanto a quella dell’hip hop, che nei primi anni duemila è piuttosto agguerrita –la scena s’è ritirata su se stessa per sopravvivere, le popstar non sono ancora manco un’ipotesi, Salvemini ha la fedina artistica troppo sporca e non si può dire che venga davvero dal giro hip hop. Da qui in poi è una storia come tante, legata più all’infilare singoli e situazioni che altro. Caparezza ha la fama del duro, non partecipa a certe circostanze, non si piega a certi compromessi artistici e tutto il resto. Da quando porta questo nome si è fatto coinvolgere in cause sacrosante, ha accettato pochissimi compromessi, arringa il pubblico come se non ci fosse un domani e continua a tenere alta la bandiera dell’integrità.

C’è una cosa molto bella che disse Norman Cook, quando Fatboy Slim era l’artista pop più venduto sulla terra. Disse che la credibilità underground è una cosa piuttosto facile da ottenere: basta non vendere e avere dei buoni agganci. Le dinamiche inglesi comunque sono sempre state legate agli hype di breve periodo, all’idea che oggi tutti stiano in fila per comprare il tuo disco e domani sia tu a far la fila all’ufficio di collocamento. In Italia, parlando in generale, siamo ancora abituati a pensare per compartimenti stagni: quando la Pausini fa un pezzo con la cassa, ci si chiede chi stia cercando di fregare. Non voglio dire che sia un atteggiamento particolarmente illuminato. Ma l’idea di farsi una verginità artistica cambiando nome e musica, dieci anni dopo aver perso la verginità artistica, è come ascoltare il pippotto contro l’evasione fiscale di un politico che dieci anni fa è andato in galera per evasione fiscale. Ecco, quel che mi fa più girare le scatole sono quelle volte che vedi il politico sbatterti in faccia le ultime sette dichiarazioni dei redditi. Poi naturalmente chiunque decide da caso a caso, e lo fa più che altro a seconda di quanto gli può piacere il disco. A me personalmente piace  pensare che ci sia sotto qualcos’altro, che data a diversi anni prima dell’uscita delle prime cose di Mikimix: la parabola del figliol prodigo, o la storia di San Francesco e tutta quella roba. Continuiamo a sperare che ci sia Qualcosa Di Grande Tra Di Noi e che possa venire da Amici o X-Factor, o magari raccontare che quei dischi che tutti consideravano odiosi tutto sommato erano molto carini ingenui innocenti, e a quei tempi noi avevamo tanti capelli e niente pancia. E poi ci piace considerare Cremonini un Grande Autore, perché ci dà modo di perdonare i Lunapop, e ci piace che Jovanotti chiami ospite qualche nostro eroe, perché vuol dire che alla fine ne sapevamo a pacchi. E naturalmente ci piace ascoltare Caparezza, a prescindere da Mikimix, perché anche noi abbiamo qualche scheletro nell’armadio, e lui il suo non l’ha mai nascosto, anzi lo tiene lì in bella vista in modalità prendere o lasciare. A me però il suo ultimo singolo fa davvero schifo, non so che farci. Preferisco quasi Oh Vita e Poetica.

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