I più tridimensionali tra i bidimensionali Seguici su Telegram e resta aggiornato The Cure – Songs Of A Lost World (Polydor 2024) È facile accorgersi che le sensazioni che si provano ascoltando il nuovo disco dei Cure abbiano poco a che fare con il disco e molto più a che fare con la strada lunga e tortuosa che molti di noi hanno fatto per arrivare al nuovo disco dei Cure. Non ricordo in che contesto Robert Smith abbia risposto a una domanda sul perché si mostri ancora in pubblico truccato, e lui aveva risposto che siccome i suoi fan si truccano da una vita, non vuole dar loro idea di avere sbagliato a farlo. Quando li vedi dal vivo questa cosa è palpabile e molto concreta, ti metti in fila ai tornelli e subito dietro ci sono due ultracinquantenni con il cerone addosso, gli stivali neri e la palandrana (quando li ho visti io era luglio). Nel nuovo disco questa cosa si sente molto. Affiora un certo bisogno di essere se stessi – e quindi nel caso di specie gotici romantici dark – in modo quieto e poco glamour, rilassato, ed è una sensazione che capisco – se esci conciato così tutti i giorni da 45 anni, a un certo punto è giusto aspettarti che il cassiere non ti guardi con quel misto tra lo sgomento e la compassione. E poi ovviamente i Cure sono un grande gruppo della storia del rock, e quindi per definizione un gruppo molto facile e intuitivo. Mi piace pensare che siano il più tridimensionale tra i gruppi bidimensionali, o viceversa. La musica dei Cure è quella che ha dato modo a molte persone di immaginarsi come personaggi, e quindi deve essere romantica oscura e avvolgente, ma le storie di coloro che l’hanno ascoltata sono storie complesse e coprono un arco di quasi cinquant’anni. Credo che il più grande successo del nuovo disco dei Cure sia di risuonare in qualche modo di queste storie, e di quella del loro leader, che li ha plasmati su se stesso da cima a fondo, ottenendo di risuonare nella testa di milioni di persone. Ma come si approccia un gruppo come i Cure, che ormai tutti davano per bollito e irrilevante, agli ultimi passi della sua carriera? Il nuovo album della band è solo una delle possibili risposte: lento, solenne e celebrativo. Poco concentrato sul bisogno di suonare importante e ricco nel suo presente, completamente disinteressato all’idea di produrre singoli, e quindi aperto alla possibilità di colpirti con veri e propri flussi di musica che hanno molto a che fare con certo postrock e poco con, boh, Friday I’m in Love. Centro. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Popponi