Il sogno spezzato di Grace, che voleva riunire la propria famiglia dalle Filippine a Ravenna

Ma una delle due figlie è morta tragicamente, mentre i genitori erano in Italia, senza neppure i soldi per andare al suo funerale

IMG 9751Grace è una donna minuta, poco più di un metro e mezzo per 48 chili, e mi dice: «Sono alta come il figlio della signora, ma lui ha 12 anni».

Grace Umali vive a Ravenna da sette anni, è nata a Naga, nelle Filippine, e lavora come domestica a casa di una famiglia di Ponte Nuovo. Per la sua minuta corporatura ha un’energia fisica impressionate. «Sposto l’armadio pieno per dare lo straccio», dice ridendo.

È di poche parole ma ha il senso dell’ironia. Parla un italiano scarno, fatto di pochi termini, ma si fa capire con gesti, sorrisi e annuendo continuamente. A inserirsi in città l’ha aiutata un’amica, Ivy, che già abitava a Ravenna. Lei le ha trovato il primo lavoro a casa di una signora che conosceva. Tre ore alla settimana per un totale di 27 euro, ovviamente in nero. Ivy la ospitava a casa sua, era venuta in Italia da sola, con la speranza che l’avrebbe raggiunta presto la famiglia.

Grace è sposata con Santiago e insieme hanno avuto due figlie: Mia e Gilda, a distanza di un anno. Quando Grace è partita avevano sei e cinque anni. L’anno seguente Grace trovò lavoro per la famiglia per cui è ancora oggi in servizio, con un contratto da collaboratrice domestica, così ha potuto prendere una stanza sua in affitto e l’ha raggiunta Santiago. L’idea era che una volta trovato lavoro anche lui avrebbero portato in Italia le bambine, che nel frattempo erano rimaste con i nonni, ma le cose non sono andate bene.

Dopo sei mesi che Santiago cercava lavoro senza successo è arrivata una terribile telefonata da Naga, era la mamma di Grace. Parlava velocemente, singhiozzando, Grace le disse di calmarsi, non capiva cosa dicesse. Si trattava di Mia, la figlia maggiore, che ora aveva otto anni, le era successo qualcosa. Si era allontanata da casa giocando, si era sporta da un ponte ed era caduta nel fiume. L’avevano tirata fuori dall’acqua dopo che era rimasta senza respirare per troppo tempo, era grave, l’avevano ricoverata al Naga City Hospital. Grace e Santiago rimasero tutto il giorno in apprensione, finché la sera arrivò un’altra telefonata, la piccola non ce l’aveva fatta. I due furono distrutti dalla notizia. La loro bimba era morta e loro non la vedevano da due anni. Non avevano i soldi per volare nelle Filippine, così il funerale si svolse senza di loro.

Grace tentò di reagire, trovò un secondo lavoro, voleva portare il prima possibile Gilda in Italia, la piccola era rimasta scioccata. Santiago invece cadde in depressione, non dormiva più, non mangiava, non usciva. Passava le giornate a bere, chiuso in casa, con le tapparelle abbassate. Stava lì, nel buio a pensare al disastro che era la sua vita. La situazione peggiorava con il passare del tempo, Grace tentò di farlo riprendere, lo sgridava. Tornava a casa esausta, a tarda notte, dopo aver lavorato per due famiglie mattina e pomeriggio, e lui era nella stessa posizione in cui lo aveva lasciato al mattino: seduto sul divano, con la televisione accesa e la birra in mano. A terra un cimitero di lattine del discount vuote.

Grace tornò a vivere per un periodo da Ivy. Ivy mandò suo marito a parlare con Santiago, e un loro cugino che stava a Bagnacavallo gli trovò un lavoretto come lavapiatti in un ristorante. Oggi Santiago si è abbastanza ripreso, anche se non è riuscito del tutto a smettere di bere, e ogni tanto nel fine settimana si lascia andare. Grace si prende cura anche di lui. Ancora non hanno risparmiato abbastanza soldi per portare Gilda in Italia e mantenerla qui. La bambina oggi ha dodici anni, è ormai una ragazzina, Grace non la vede da molti anni. «Ormai per lei sono quasi un’estranea», mi dice con le lacrime agli occhi.

Matteo Cavezzali

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