Antico, Giurato, Collini e un’Italia diversa

Un disco sorprendente per un ascolto certo impegnativo ma allo stesso tempo molto stimolante. Un balzo nella musica popolare d’avanguardia, se mai dovesse esistere, e nell’improvvisazione; un viaggio impervio nella terra siciliana, registrato di notte, in uno studio mobile immerso nella natura, nelle Madonie, tra «un piatto di verdure colte da noi» e un bicchiere di vino. Un personaggio davvero incredibile, basti vedere qualche foto e leggerne il nome: Alfio Antico, sessantenne (tra pochi mesi) di Lentini, considerato tra i maggiori interpreti al mondo della tammorra, un tamburo tradizionale del Sud Italia. Tamburi e poco altro nell’album che lo fa uscire dal ristretto mondo della popolare classica, appunto, lasciando perdere ogni nota folcloristica e l’aspetto più tradizionale della sua musica a favore di cupezza, inquietudine, virando verso un qualcosa di vagamente psichedelico grazie soprattutto all’apporto in fase di produzione del cantautore Colapesce e del producer di musica elettronica Mario Conte, che fa entrare per qualche minuto nel disco addirittura un accenno di techno. L’album in questione si chiama “Antico”, quasi una dichiarazione d’intenti, e un’opera inclassificabile, lo si sarà capito: in una parola, forse, irrimediabilmente arcaica, con anche i belati delle pecore (Antico è stato in gioventù un pastore) tra i solchi cantati in dialetto siciliano.
Ha qualcosa di arcaico, in un certo senso, anche un altro oggetto volante non identificato atterrato nella scena italiana l’anno scorso, di cui già un po’ tutti gli addetti ai lavori hanno parlato in termini mai meno che entusiastici. È un capolavoro, in effetti, “La Scomparsa di Majorana”, del semi-leggendario Flavio Giurato (il fratello del più celebre, ahimé, Luca), non certo immediato, che necessita di tempo prezioso: in ballo ci sono un cantautorato cupo, con strumentazione minimale, voce ieratica (a volte ricorda quella del Giovanni Lindo Ferretti dei bei tempi andati), testi anarchici. La fortuna è che passerà presto da queste parti: in aprile al Bronson, in maggio, pare, a Cotignola.
E per concludere questa mini-carrellata di dischi italiani legati in qualche modo, per un motivo o per un altro, al passato, ecco le nuove storie di un’Italia che non c’è più e i ricordi un lontano partito comunista (ma non solo) degli Offlaga Disco Pax, anche su purtroppo non esistono più dopo la morte nel 2014 del bassista Enrico Fontanelli. Ma il filo rosso che li lega al nuovo progetto del “cantante” Max Collini è evidente. Ora si chiamano Spartiti e ad accompagnare Collini con un suono elegantissimo e mai invadente è Jukka Reverberi dei Giardini di Mirò. Il risultato in questo caso non è certo un capolavoro, ma semblicemente un bel nuovo disco degli Offlaga, appunto. Dovrebbe bastare.

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