Il dibattito sulla musica italiana e la grandezza dei Massimo Volume

Massimo Volume Sara Ardizzoni

Massimo Volume con Sara Ardizzoni che li accompagnerà in tour

A proposito di musica italiana, cercando di lasciare perdere le polemiche di Sanremo, è senza dubbio interessante, nella sua follia, il dibattito che ha scatenato la proposta della Lega che vorrebbe imporre alle radio di trasmettere almeno un terzo di canzoni italiane.
Perché nessuno si pone neppure il problema di quali canzoni dovrebbero passare le radio. Ci fosse un regolamento in grado di imporre una sorta di par condicio che possa permettere a ogni disco italiano in uscita di avere la stessa visibilità del tormentone di turno, saremmo tutti pronti a firmare per la Lega, ovviamente.

Ma visto che non si tratta di questo, meglio concentrarsi sulla musica e fregarsene della radio, che poi in fondo «un mondo con i Massimo Volume primi in classifica sarebbe un orrore», parola di Emidio Clementi degli stessi Massimo Volume, semplicemente, probabilmente, la più grande band italiana.
Ogni loro disco è emozione pura, così uguali a se stessi eppure diversi, senza bisogno di cambiare minimamente formula o cercare di stupire. Come un nuovo romanzo, ecco. O, ancora meglio, una nuova raccolta di racconti. Cosa sono, d’altronde, se non racconti (fin troppo facile in questo caso il riferimento alla poetica post-moderna, quando il titolo dell’album e la title-track sono espliciti omaggi a John Cheever) musicati, le canzoni dei Massimo Volume?
Per chi non li conoscesse (ma davvero?), caratterizzate da un post-rock tirato, teso, chitarra-basso-batteria, e dallo spoken word di Clementi che recita appunto, non canta, i suoi testi di spessore letterario, essendo non a caso anche già autore di svariati romanzi e racconti.

L’ultimo album è uscito per 42 Records a inizio febbraio, si chiama appunto Il nuotatore, come il racconto di Cheever, ed è la solita botta, amplificata dal fatto che erano passati sei anni dall’ultima volta e nove dal ritorno dopo lo scioglimento, con quel Cattive abitudini che resta forse l’apice di un’intera carriera, partita all’inizio degli anni novanta.
Senza più il secondo chitarrista Stefano Pilia, i MV sono rimasti in tre (i fondatori Clementi e la batterista Vittoria Burattini, accompagnati alla chitarra dall’altro membro storico, Egle Sommacal) e suonano ancora più asciutti e la tensione nell’aria è ancora più evidente. Forse hanno perso qualche sfumatura (che tornerà nei concerti dal vivo quando saranno accompagnati dalla seconda chitarra di Sara Ardizzoni, già nella band di Cesare Basile; l’unico appuntamento in regione è in programma il 22 marzo a Savignano) ma non hanno perso un briciolo del loro fascino.
E così dall’inconfondibile apertura di “Una voce a Orlando”, passando per la struggente storia famigliare di “La ditta di acqua minerale” fino al capolavoro in rallenty di Fred” o la divertente “Mia madre e la morte del gen. José Sanjurjo”, sono solo brividi e ognuno potrà scegliere il proprio racconto preferito.
Io invece, alla fine, tutto quello che vorrei fare è soltanto abbracciarli forte, i Massimo Volume.

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