L’esempio Sacri Cuori, non solo Calexico

Certo anche solo una decina d’anni fa pensare che Howe Gelb potesse venire a Ravenna per incidere un disco in uno studio casalingo di Lido di Dante, in particolare, sarebbe stata fantascienza. Oggi quasi non ci facciamo più caso. Eppure dovremmo, vista l’importanza di Howe Gelb e dei suoi Giant Sand nella riscoperta delle radici nella storia della musica rock americana. Ora all’America pare preferire le nostre parti, grazie soprattutto al festival Strade Blu di Antonio Gramentieri, da Modigliana, che nell’ultimo album dei Giant Sand, tra l’altro, ci suona pure. E che tra l’altro è chitarrista e autore dei Sacri Cuori, tanto per arrivare al punto. Una band che unisce un po’ tutta la Romagna e che ha suonato un po’ in tutto il mondo. Ora ha pubblicato il suo nuovo disco, si chiama “Delone” e Gelb ha restituito il favore partecipando alle sue registrazioni, insieme ad altri nomi che fanno tremare i polsi come Evan Lurie (Evan Lurie dei Lounge Lizards), Marc Ribot (quel Marc Ribot) e Steve Shelley (Steve Shelley dei Sonic Youth). Forse anche per la presenza di gente di questo calibro il disco ha ricevuto già dai primissimi giorni recensioni entusiastiche anche all’estero (tipo 4 stelle sul Guardian) e io volevo dire che in ogni caso bisognerebbe andarne fieri, qui in Romagna, che è un bell’esempio di apertura e di coraggio (e abnegazione, da quello che si può capire), di come i risultati anche fuori dall’Italia poi arrivano, se il progetto è valido. Ed eccoci quindi alla musica: quella dei Sacri Cuori è quella dei suoni di frontiera di certe band, stile Calexico, come scrivono in molti, facendo anche un po’ arrabbiare Gramentieri, lui che, anche giornalista, sui social network scrive ogni giorno. Basta con questa storia dei Calexico, dice, e poi dà i suoi riferimenti: i Los Lobos,  la chitarra di Chuck Prophet, Ry Cooder, lo stesso Ribot, i Friends Of Dean Martinez, Rota, Trovajoli, Paolo Conte. Il tutto mischiato, avrete qualcosa tipo i Calexico (ok, scherza, ma neanche tanto, perché in fondo è un buon parametro per far capire a più gente possibile il suono della band). Disco di classe, “Delone”, suonato da dio e però pure già sentito, come inevitabile che sia. I Sacri Cuori non fanno nulla per cercare di essere “nuovi” e originali e per loro, giustamente, questo non è un problema. Fanno la loro musica e la fanno bene. Se siete appassionati di colonne sonore (da Leone a Tarantino), di atmosfere desertiche, di un rock dal sapore d’antan, anche solo di un piacevole sottofondo classicheggiante con gusto, è il disco per voi. Per tutti gli altri è un ascolto comunque parecchio gratificante. Anche se poi forse si vorrà passare ad altro.

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