C’era qualcosa di speciale negli U2, quando eravamo bambini

Pasquale BoyU2 – “Boy” (1980)
Il mostro che vi scrive nasce a circa 11 anni, quando mio cugino mi regala per natale una chitarra e una cassetta contenente War e The Unforgettable Fire degli U2. Da quel momento fino ai successivi sei mesi necessari per realizzarlo, il mio sogno è quello di imparare l’arpeggio di “Sunday Bloody Sunday”. Fatto questo, mi concentro sul gruppo,  di cui divento avido collezionista. Acquistato Boy, il loro primo album, scopro che il primo pezzo, “I Will Follow”,  era la canzone che mi piaceva da bambino. Ovvero, nel 1980 la televisione italiana trasmetteva un gruppo post-punk esordiente e un bambino di 7 anni si intrippava di un pezzo di cui andrà a riscoprire gli autori alcuni anni dopo.

Resto un ultra fan degli U2 per buona parte delle superiori, dove passo per quello che ama i gruppi strani e sconosciuti, in una scuola dove il più temerario ascolta De Gregori. Fino alla cocente delusione di Rattle and Hum e al definitivo alto tradimento di Achtung Baby, con cui il gruppo viene radiato dal mio personale battaglione di ascolti.

Ma Boy è un’altra storia, persino un bambino come me sentiva in quel disco un’urgenza contagiosa, sanguigna, come nella già citata “I Will Follow”, o in “Twilight”, “Out Of Control”, “A Day Without Me” (che pare fosse un inno alla masturbazione, come anche “Stories For Boys”: allora i 4 erano adolescenti…),  o la splendida “Another Time Another Place”. “An Cat Dubh” vuol dire “gatto nero”  in gaelico, e i nostri eroi non ci avevano ancora rotto esageratamente le scatole col loro orgoglio irlandese e cattolico, quindi la cosa rimaneva una simpatica curiosità. “The Electric Co” è un pezzo contro l’abuso della pratica dell’elettroshock,  che pare all’epoca facesse parecchi danni. E infine “Shadows and Tall Trees” è un omaggio a Tolkien, prima che l’epic metal e Peter Jackson ce lo rendessero intollerabile. È facile oggi sputare su un gruppo che effettivamente è ormai la parodia di se stesso. Ma allora l’impatto di questo disco fu notevole, e fu assolutamente devastante sul ragazzino di undici anni che oggi vi scrive.

A confermare che in questo gruppo, in quel momento, ci fosse qualcosa di speciale, ci pensa un amico con qualche anno più di me, che passeggiando per Londra mi racconta della prima volta che vide gli U2, proprio nel 1980. Era a vedere Echo and the Bunnymen. Gli U2 erano uno dei gruppi spalla, Boy non era nemmeno ancora uscito. Mi dice che fu uno dei concerti più impressionanti mai visti, una forza della natura. Tanto che, scoperto che i ragazzi si esibivano regolarmente al Marquee ogni lunedì sera, tornò a Londra diverse volte durante l’anno per vederli. Sì, c’era qualcosa di speciale, in questo gruppo, in quegli anni. Parola del bambino che oggi vi scrive…

 

 

 

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