La popstar tunisina Emel Mathlouthi, una predestinata dal fascino oscuro

Emel Mathlouthi – Ensen (2017)
Emel Ensen Album
Per la seconda volta in poco tempo mi trovo a parlare di un disco che viene più o meno dalla Tunisia. Più o meno, perché Emel, al secolo Emel Mathlouthi, mi risulta vivere molto più comodamente a NYC. Ciononostante, è diventata famosa perché un paio di sue canzoni sono diventate inni della cosiddetta “Primavera Araba” o “Rivoluzione dei Gelsomini” del 2011, partita proprio da Tunisi. Canzoni dai titoli che in italiano suonano come “Povera Tunisia” e “La Mia Parola è Libera”. Da lì una carriera in ascesa rapidissima: suona al Nobel per la Pace nel 2015, si procura una bella pubblicità quando le autorità israeliane le impediscono di suonare a Ramallah, e quindi arrivano i più importanti festival di world music, dal Womad in giù. Questo secondo album Ensen, però, rilancia in qualche modo. Intendiamoci, siamo sempre ben piantati nel pop, nella world music da classifica. Però, la produzione elettronica (che lei ha sempre usato, ispirandosi dichiaratamente a Bjork) questa volta ha un che di gradevolmente oscuro, che fa pensare all’indimenticabile Spear Into Hooks di Meira Asher (israeliana, ironia della sorte), o a certi momenti di FKA Twigs. Basti ascoltare “Lost” o l’iniziale “Instant”. Poi certo, il singolo “Ensen Dhaif” è più facile, ma è comunque una signora canzone, così come “Layem”, in perfetto equilibrio tra tradizione e contemporaneità. Arrivano anche gli episodi più world, come “Thamlaton”, che però risuonano di quel lato inquietante della musica tunisina di cui ho già scritto qualche mese fa parlando degli Ifriqiyya Electrique. Ma qui non siamo davanti a un fenomeno di nicchia, bensì a una popstar che con soli due album è già finita su documentari (The Rough Guide to Arabic Revolution), ed è corteggiatissima dal mondo della moda. Il fatto che molti dei suoi pezzi siano in tunisino le fa onore, e fa pensare che comunque tutto l’attaccamento sbandierato alla sua patria, anche prendendo posizioni politiche forti, sia sincero. Se poi, come dicono, sarà la nuova Fairuz (il mito intoccabile della canzone araba, insieme a Oum Kalthoum), lo vedremo. Intanto pare una predestinata, e in tempi di instant stars mi sembra già molto..

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