mercoledì
02 Luglio 2025

L’imbarazzante confronto tra il pop del 1979 e del 2016

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Alberto Fortis “Alberto Fortis” (1979)
Tutto inizia con una vocina stridula, tipo cartone animato, che dice “Vincenzo io ti ammazzerò, sei troppo stupido per vivere”. È il 1979, io ho 6 anni, e questo ritornello mi sembra la cosa più divertente del mondo. Chi è Vincenzo, che è così stupido che merita di morire, e chi è questo cantante che vuole ucciderlo? A me sembra una storia tipo i Puffi e Gargamella, ma più tardi negli anni realizzerò che si potrebbe trattare di una metafora più o meno razzista, l’uomo del Nord che esalta Milano e odia Roma (“Vincenzo dice che sei fredda, frenetica senza pietà, ma è cretino e poi vive a Roma e che ne sa”), concetto esplicitato subito nel brano di apertura dell’album “A Voi Romani”, che inizia nientemeno che con la frase “Io vi odio a voi romani, io vi odio a tutti quanti”. Le critiche non mancheranno, e costeranno piuttosto care al buon Alberto, che vede in parte compromessa la sua carriera dopo queste canzoni, nonostante si sia in tempi in cui il leghismo deve ancora nascere, e sebbene lui adduca spiegazioni molto più blande a questi testi così duri: una metafora, contro il potere, un attacco a un discografico che lo aveva fregato. Nonostante questo, il disco è un enorme quanto meritato successo, che mi fa rimpiangere un’epoca in cui si poteva usare l’invettiva come forma d’arte (questi testi, per quanto ambigui e politicamente scorretti, sono poeticamente notevoli). Oggi un disco come questo, ma anche come i primi di Vasco, sarebbe impensabile. Fortis è vocalmente dotatissimo, e basti il terzo capolavoro dell’album, “La Sedia Di Lillà”, a testimoniarlo. In questo brano vengono toccati con delicatezza e poesia finissima i temi del suicidio, della malattia, del tradimento. Mentre di tutt’altra pasta è il divertissement “Nuda e Senza Seno”, riuscitissima canzoncina surreale. La band è mostruosa, con la PFM a dominare la scena con arrangiamenti funambolici ma mai pesanti o invadenti, rendendo imbarazzante il confronto tra un disco di pop italiano del 1979 ed uno (qualsiasi) del 2016.

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