Il non facile equilibrio nella commedia di Edoardo Leo

Lasciarsi Un Giono A Roma LeoLasciarsi un giorno a Roma (di Edoardo Leo, 2021)
Nell’immediatissimo futuro o in un mondo parallelo senza pandemia, due storie di coppie in crisi. La bella e rampante Zoe è una manager di successo ma, insoddisfatta della vita sentimentale, inizia a scrivere a una posta del cuore curata dall’esperto Marquez, pseudonimo sotto cui si cela segretamente proprio il suo compagno Tommaso, affermato scrittore in disperata ricerca del finale del proprio libro.
Umberto è un vicepreside e padre di famiglia, ma soprattutto il marito di Elena, sindaca di Roma, verso cui si lamenta pesantemente per la latitanza nel suo ruolo di madre per la figlia Matilde. La persona di Tommaso è devastata e divisa tra il suo dolore interiore nello scoprire una crisi che non aveva avvertito, l’imbarazzante ma interessante corrispondenza segreta con l’inconsapevole compagna, mentre veste il ruolo dell’amico consolatore dell’altra coppia, ufficialmente in crisi.

Lasciarsi un giorno a Roma prende in prestito il titolo dall’omonima canzone di Niccolò Fabi ed è diviso in capitoli (Abbraccio, Fine, Piano, Sogno, Accetta, Lasciare), ognuno dei quali affronta (con i suoi protagonisti) la complessità e il dolore della crisi di coppia, durante la quale “spesso c’è più paura a lasciarsi che voglia di stare insieme, e dopo tanti anni di convivenza ti poni questa domanda”, come dice l’attore-regista del film.
Commedia sentimentale a tutti gli effetti, realizzata a immagine e somiglianza del protagonista, dove si riesce senza grossi problemi a passare dalla risata alla commozione nel giro di un istante, grazie a una scrittura ben congeniata da un Edoardo Leo ormai a proprio agio nella doppia veste di autore e attore, che guarda a qualche modello del passato, e la rielabora perfettamente per una Capitale che offre svaghi, distrazioni e lavoro.

Un amore (Gianluca Maria Tavarelli, 1999) è un bel film da recuperare e sicuramente ha ispirato quest’opera, che ovviamen- te oltre che guardare in patria, strizza l’occhio al nuovo cinema newyorkese di Baumbach (Storia di un matrimonio) che ha saputo innovare un linguaggio che rischiava di stagnare, vittima delle proprie radici di dramma. Perfetto il quartetto d’attori, con menzione speciale alla sorprendente Marta Nieto, già vista nello spagnolo Madre, qui nel difficile ruolo della donna che non riesce più ad amare e soprattutto a comunicare.

L’incomunicabilità, infatti, o almeno l’assenza di codici condivisi per riuscire a trasmettersi emozioni, è il tema portante del film che viene affrontato con leggerezza e senza strafare sia in termini di toni che in termini di sceneggiatura. Una commedia fresca su un tema doloroso è la scommessa vincente di Leo, che, come detto, crea un equilibrio non facile, tra risata e commozione, levità e dramma, senza mai appesantire la narrazione. Bravi comunque tutti gli attori, colonna sonora affidata a cantautori nostrani, Roma cornice sempre splendida: un film da vedere per una serata pensierosa e spensierata.

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