Non sarà il film del millennio, ma è una satira riuscita

Don't Look Up McKayDon’t Look Up (di Adam McKay, 2021)
Nell’immediatissimo futuro o in un mondo parallelo senza pandemia, due scienziati scoprono che un asteroide entro sei mesi si abbatterà sulla Terra, causando eventi talmente catastrofici che determineranno l’estinzione di ogni forma di vita. Il più è farsi credere, mettere d’accordo la società sull’imminente pericolo e saperlo comunicare.

Parliamoci subito chiaro: con la metafora dell’asteroide McKay costruisce un’arguta metafora anche sul Covid 19 e sui nostri comportamenti per affrontare la pandemia. I due scienziati sono studiosi seri, preparati e cercano di salvare il mondo, ma non sono dei geni della comunicazione; la Presidente degli Stati Uniti (una Clinton/Trump) pensa solo al consenso di medio termine; i media hanno come unico scopo audience, popolarità e l’idea di togliere ogni sorta di pensiero dalle teste degli ascoltatori.

Ma un altro spettro si aggira per l’America, quello del capitalismo, perché sarà il miliardario Peter Isherwell a dettare la linea della difesa all’asteroide, e non la scienza. Tutta l’apocalisse però viene servita in abbondantissima salsa ironica, caricaturale fino a toccare momenti di sana e intelligente demenzialità, sicuramente grazie alla scrittura del film, alle sue battute e alle macchiette create dai suoi bravissimi protagonisti, il cui elenco qui è inutile se non per sottolineare che il migliore in campo è proprio il miliardario interpretato da Mark Ryler, una miscela a livello estetico e caratteriale di tutti i super ricchi che conosciamo, con un tocco artistico alla Andy Warhol.

Il film cita a mani basse e senza vergogna i suoi predecessori nel genere, dal Dottor Stranamore a Mars Attacks, passando per Armageddon e i gioiellini demenziali (da recuperare) Idiocracy e Moonwalkers (con cui condivide un istrionico Ron Perlman) anche se cuore e mente rimandano immediatamente a un sottovalutato e ingiustamente dimenticato gioiello di Joe Dante intitolato La seconda guerra civile americana, che speriamo salti presto fuori su qualche piattaforma.

Nella seconda parte del film la critica sociale si fa più seriosa e in qualche modo più feroce, capiamo il perché del titolo, ma il regista non riesce a trattenersi in questa sorta di Melancholia in versione commedia e la durata di 2 ore e 20 minuti è davvero eccessiva per un film di questo genere, anche se epilogo e titoli di coda sono assolutamente irresistibili. Inoltre, non giovano una regia troppo frenetica e alcuni personaggi completamente inutili se non a fini estetici come quello di Chalamet.

Concludendo, una volta tanto è bello collocarsi in mezzo al dibattito su un lavoro che ha tanto diviso, tra chi grida al film del millennio e chi ha un’opinione negativa “alla Fantozzi”, perché al netto dei suoi difetti, Don’t Look Up è un buonissimo film, valido e triste spaccato del mondo odierno con lo strumento della triplice satira politica, sociale ed economica, con la giusta etichetta che si è meritoriamente incollato addosso: un film “basato su fatti realmente possibili”.
Fin troppo. Su Netflix.

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