Un teen movie (anche) sui diritti femminili: da far vedere (soprattutto) agli adolescenti

 

Girl Power – La rivoluzione comincia a scuola (di Amy Poehler, 2021)

Girl Power La Rivoluzione Comincia A Scuola Recensione Jpeg 1200x0 Crop Q85Vivian è una ragazza introversa che vive con la madre (la stessa regista Amy Poehler) e frequenta, non senza disagio, il terzo anno della scuola superiore, passando spesso il tempo solo con la sua migliore amica Claudia. Il liceo Rockport è una rigida e tradizionale scuola della peggiore tradizione americana, con gli uomini nelle vesti di atleti e giudici supremi del comportamento altrui, e le donne relegate a cheerleaders o ancor peggio a figurine ornamentali. L’arrivo a scuola della combattiva Lucy, che sbeffeggia immediatamente le gerarchie esistenti, mette a fuoco tutti i problemi dell’istituzione, giustamente tacciata di maschilismo e di cui la Preside risulta essere complice; la situazione fa scattare una molla in Vivian che, cercando per compito (di storia) una “causa che le stia a cuore”, fonda segretamente Moxie, una fanzine femminista che sarà la miccia che accenderà il fuoco di una vera e propria rivoluzione.

Passata la Festa della Donna, parliamo dei diritti femminili attraverso un teen movie che nasce come tanti altri ma che tratta con pudore e delicatezza temi delicati e di attualità, mantenendo la leggerezza che contraddistingue le commedie ambientate nel mondo della scuola. Il genere negli Stati Uniti è trattato ai limiti dell’inflazione, mentre da noi sta vedendo la luce solo recentemente grazie alle piattaforme in streaming, dopo anni di ingiustificata sottovalutazione del genere che ha portato a distribuzioni col contagocce.

Il genere contiene sempre un messaggio edificante e il parlare il linguaggio degli adolescenti deve avvicinare questi ultimi sia al mondo del cinema, sia a tematiche che qui sono mediate tramite un paio d’ore scarse di divertimento, ma che hanno le frecce giuste per colpire il pubblico a cui si rivolge.

In definitiva, Girl Power è una commedia molto semplice, con personaggi nel suo complesso stereotipati e attori complessivamente nella media, anche se il trio protagonista, composto anche dal belloccio e misogino Patrick Schwarzenegger (certo, figlio d’arte); il film è però trascinato da un’energica colonna sonora punk rock delle Bikini Kill e dai manifesti delle Riot Grrrl, protagoniste della scena femminista degli anni novanta negli Usa, che infondono una grinta che fa guardare oltre la storiella liceale e che pur non avendo la pretesa di essere un apologo sulla parità di genere o un grande dramma sui diritti, intrattiene il pubblico lasciando (si spera) più di una domanda nella testa di coloro che questo film dovrebbero davvero guardarlo: gli adolescenti.

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