Dalla falegnameria al loft con spa

Un garbato recupero di Guido Guerrieri accanto al Molino Lovatelli di Ravenna

La nostra ricerca sull’abitare la contemporaneità nella Romagna ravennate e forlivese oggi ci porta in un fabbricato, un tempo falegnameria e ora riconvertito a loft con spa, costruito lungo la cortina urbana della circonvallazione al Molino a Ravenna, lato nord. Già a partire dal toponimo si intuisce la peculiarità del genius loci, caratterizzato da un’importante “storia d’acqua” per la sottesa presenza del Canale del Molino, su cui dal XIV secolo si trova costruito il Molino Lovatelli, il più antico impianto molitorio di Ravenna, appartenuto ai Polentani, signori di Ravenna in quel tempo. Ricostruito nel 1772, vent’anni dopo verrà ceduto in enfiteusi dalla comunità ravennate alla famiglia dei Lovatelli, che lo gestirà fino al 1908, per cederlo ai Baldisserri. Negli anni Settanta del XX secolo ritornerà al Comune di Ravenna; a quei tempi il Canale era già stato tombato da almeno trent’anni e con le acque da cui si sprigionava la forza dell’impianto erano scomparsi sotto l’asfalto anche i tre grandi archi e il bacino che giungeva a bordare le “Case del Bastione”, il pittoresco isolato urbano tuttora esistente tra il Mulino e via San Mama, lumeggiato da Gaetano Savini nel 6° volume delle sue Piante Panoramiche. Nelle “Case” abitavano le lavandaie, all’opera nelle acque del lavatoio dove ora c’è il parcheggio bordato a nord da via Renato Ricci.

 

La casa si affaccia sulla via con il suo fronte tinto tabacco tendente al tortora.
Vi si apre un grande nicchione a portale, sovrastato da una finestra a nastro
e dal cornicione del nuovo tetto,
a travi in legno mordenzato bianco

 

Nella vista assonometrica delle Piante si ritrae una serie di casette a due piani, alcune già probabilmente erette nel Settecento e forse anche prima, che da Porta San Mama si sviluppava verso ovest per terminare in un ultimo edificio, situato poco oltre il fronte laterale nord del Mulino, dalla parte opposta della strada, ora Circonvallazione omonima. Questa casa, di cui oggi intendiamo parlare, ora si affaccia sulla via con il suo fronte tinto di colore tabacco tendente al tortora. Vi si apre un grande nicchione a portale, sovrastato da una finestra a nastro e dal cornicione del nuovo tetto, a travi in legno mordenzato bianco. Negli anni Dieci sembra che la falegnameria fosse condotta, in base alle notizie fornite dall’attuale proprietario, da un parente del famoso pugile Primo Carnera, campione del mondo dei pesi massimi nel 1933-34. Chissà. In ogni caso quello che fino ad allora era stato un antro buio e polveroso è stato totalmente rigenerato da un pregevole intervento di riuso condotto dall’architetto Guido Guerrieri, con un recente passato di assessore all’ambiente. Il grande nicchione a “sotoportego” ospita al suo interno un volume in acciaio e vetro opalino, memoria di un viaggio europeo del padrone del fabbricato, leggermente ruotato rispetto all’asse dei muri esistenti, a loro volta messi in vista nell’attacco a terra. In realtà, oltre al gesto architettonico, cela e illumina uno studio medico-fisioterapico, il cui titolare vive nei due piani superiori. E qui già rieccheggia il tempo delle gilde medievali, poi sintetizzato nel vernacolare “casa e bottega”.

 

Un ingresso a fianco del volume vetrato consente di bypassare lo studio, pervenendo direttamente ad una inaspettata spa con vasca per idromassaggio, sauna, spazio relax e alcuni attrezzi ginnici su un piccolo soppalco.

 

 Inaspettato, ecco dunque riemergere il tema dell’acqua, questa volta in versione domestica stile “salus per aquam”, complice la fortuna critica della nota città termale belga e un buon tono tortora in melange con l’avorio, ornato sulla parete di fondo da un simpatico murales. Mentre il nostro pensiero indugia ad immaginarci già avvolti nella piacevole atmosfera di un’immersione idroterapica o alle attenzioni al nostro benessere fisico ma anche psichico a 70° C, a malincuore abbandoniamo il pavimento a piastrelloni 120×120 centimetri in gres porcellanato grigio chiaro per salire al soppalco. La rampa appena sbarcata in realtà qui non si conclude, bensì prosegue oltre, vegliata da un’opera pittorica di Laura Pagliai, fino a pervenire ad un loft ricavato negli ambienti, non enormi ma ben sfruttati, del primo piano e del vecchio sottotetto della falegnameria.

Il loft si mostra con un grande spazio osmotico,che si espande dalla zona per i riti e miti del living,
con divani e area cucina-pranzo collegati ad un grazioso terrazzo-giardino o sviluppati
con un volume a doppia altezza, su cui si affaccia un grande soppalco in cui il padrone di casa
ha collocato il proprio King bed.

 

Ci troviamo al centro di un grande spazio osmotico, che si espande dalla zona per i riti e miti del living, con divani e area cucina-pranzo collegati ad un grazioso terrazzo-giardino o sviluppati con un volume a doppia altezza, su cui si affaccia un grande soppalco in cui il padrone di casa ha collocato il proprio King bed. Complici le pareti intonate al colore dell’esterno, il soffitto in assito e travi in lamellare sbiancato e mordenzato bianco, il parquet in rovere spazzolato e anticato, gli infissi bianchi, la lineare eleganza degli arredi, oggetto di una lunga e analitica ricerca dei padroni di casa in Italia e all’estero, l’atmosfera di questa casa risulta particolarmente rilassante, quasi un prolungamento della spa, o forse, ci viene da pensare, il movimento appare inverso; il carattere del padrone di casa rivela il timbro dell’essere nell’abitare, in un aver cura di se e degli altri, in pace, come già qualcuno ha detto (Martin Heiddeger, costruire abitare pensare). Gironzoliano attorno, dal bagno della zona giorno in cui è stato recuperato un mobile presente in un precedente ambulatorio fisioterapico, fino alla camera del figlio, con letto a 45°, seconda versione di una soluzione originaria alla Buster Keaton, con letto a scomparsa nell’armadio. Infine saliamo alla “camera da letto” matrimoniale, affacciata sul soggiorno, servita da un bagno e soprattutto da una doccia a vista con lastre divisorie in cristallo, che fanno ben pensare al tenore della vita di coppia. Anche qui lo spazio è stato sfruttato in maniera ottimale, tant’è che si può uscire in un terrazzo a tasca, da cui, con l’ausilio di un rialzo, si gode di un inedito panorama del Molino e delle stecche di case che si dirigono verso il Borgo San Rocco. Girandoci attorno scopriamo come il tetto sia interamente rivestito di pannelli fotovoltaici ad accumulo e solari, questi ultimi pronti ad incaricarsi di sostenere il consumo della spa. Il tema degli impianti è ben sviluppato, a partire da quello di ventilazione e climatizzazione della spa, che garantiscono adeguati ricambi d’aria e sufficiente deumidificazione. Ma quello che ci incuriosisce maggiormente, forse perché meno tecnologico ma altrettanto importante per il risparmio di energie fisiche e mentali, consiste nel condotto ricavato non lontano dal King bed, che consente il getto dei panni sporchi direttamente dalla camera da letto al cestone espressamente dedicato, collocato in un ambiente lavanderia al piano inferiore. Ma qui torniamo al timbro ontologico dell’abitare, ad un aver cura, protetti, in pace, minimizzando le fatiche.

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