Attraverso il bosco

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Pratiche di allontanamento dalla contemporaneità: dall’eremitaggio estremo alle nuove transumanze

Cristopher Knight  aveva soltanto vent’anni nel 1986 quando parcheggiò il suo pick up Subaru ai bordi di una statale del Maine, lasciando le chiavi sul cruscotto. Aveva lavorato come tecnico per gli impianti di sicurezza  a Boston per un anno, incassato la sua busta paga ed era salito in macchina. Senza salutare nessuno. Con sé aveva uno zaino e una tenda da campeggio. Non aveva bussola o mappe. Era solo stanco della gente e voleva stare da solo, senza dover parlare con nessuno. Ed entrò nel bosco. Nel bosco del Maine Cristopher Knight restò per ventisette anni, senza mai accendere un fuoco, senza cacciare, in un rifugio costruito nella zona più impenetrabile della foresta vicino al Lago Moosehead, a poco più di trenta miglia dalla sua casa d’infanzia. Per sopravvivere iniziò  a rubare, ogni due settimane, ciò che gli serviva nei cottage di montagna per la villeggiatura: cibo, libri, qualche capo d’abbigliamento. Capillarmente controllava orari e abitudini dei proprietari, entrava nelle case senza rompere nulla, ma smontando e ricomponendo le serrature: sostituiva addirittura le bombole di propano piene con quelle vuote che aveva usato nella stufa da campeggio per riscaldarsi. Non lasciava tracce. Negli anni la sua presenza misteriosa era stata soprannominata North-Pond-Hermit. Alcuni abitanti avevano anche l’abitudine di lasciare un sacchetto di viveri fuori dalla porta per lui, come facevano i contadini con il latte per i folletti e i green men delle leggende. Nel 2013 fu arrestato mentre rubava da un campo estivo per disabili. In seguito scontò cinque mesi in carcere durante il processo, pagò 1500 dollari di multa e ora lavora in regime di libertà vigilata sino al 2018, con il fratello.

Con ancora più forza radicale di Henry David Thoreau che, in ritiro in mezzo ai boschi, è rimasto soltanto (si fa per dire) per un esperimento di solitudine a contatto con la natura, per due anni, due mesi e due giorni, in una capanna fornita di camino, letto e comfort adeguati al XIX secolo, Knight non ha lasciato alcun diario o distillato di saggezza, nessuna riflessione per la posterità, determinato nel desiderio di scomparire, di diventare nulla. Nei suoi ventisette anni di assenza non ha mai fatto uso di specchi. Non ne aveva uno quando è partito, non ne ha rubato uno nei cottage visitati. Anche di quello non aveva alcun bisogno, nonostante si lavasse, indossasse indumenti puliti e si radesse la barba.  Quando l’hanno catturato, si è semplicemente scusato per i furti  commessi e, consapevole di aver commesso un reato, ha risarcito chi aveva derubato. Dal 2013 non ha più rilasciato interviste, né ha approfittato della fama per guadagnare migliaia di dollari. Ha continuato a cercare l’ombra, questa volta in mezzo alla gente. Il giornalista Michael Finkel, l’unico a cui Knight ha accettato di raccontare la sua storia in nove incontri di un’ora ciascuno, ha scritto un libro su di lui, The Stranger in the woods (2017, Penguin Random House Publishing), diventato uno dei successi editoriali di quest’anno negli Usa. Dal libro emerge che Knights non si è allontanato per motivazioni mistiche o ascetiche, ma per desiderio di solitudine, molto semplicemente. L’unica riflessione che ha condiviso con Finkle sulla sua esperienza è stata: «La solitudine ha aumentato la mia percezione. Ma ecco la cosa difficile: quando ho applicato la mia crescente percezione a me stesso, ho perso la mia identità. Non c’era pubblico, nessuna cosa da eseguire. Non c’era bisogno di definirmi. Sono diventato irrilevante. I miei desideri sono scesi. Non volevo nulla se non l’essenziale. Non avevo nemmeno un nome. Per dirla in maniera Romantica: ero veramente libero».
Knight contrariamente a Pollicino ha scelto di rimanere nel bosco, di non seguire i sassolini bianchi, ma di perdersi in mezzo agli alberi. Come il dottor Sanchez Ortiz De Salazar, scomparso nel 1996 da Siviglia a ventisei anni e ricomparso vent’anni dopo nei boschi della Maremma, a una manciata di chilometri da Cala Violina. Lui, contrariamente a Knight, non aveva commesso reati, e dopo aver motivato la sua scelta con un sintetico: «Non voglio stare in mezzo alla gente», è scomparso nuovamente.

Questo desiderio di ritirarsi nella Natura ha a che fare con altri fenomeni contemporanei che, per quanto non estremi come la scelta di Knight e di De Salazar, sono l’indizio della necessità di una Memoria Collettiva globale declinata in varie e differenti identità culturali o genius loci, ma sempre salda nelle sue connotazioni strutturali. Una sorta di Archetipo che sta riemergendo perché in un periodo di grande cambiamento, dominato dalla Tecnologia,  soltanto la Natura e il paesaggio in cui ci troviamo immersi e nei quali facciamo esperienza, costituiscono lo scenario fermo dal quale muoverci verso qualcosa che è ignoto e perturbante. Questa Memoria Collettiva accompagna quindi il flusso del nostro vissuto con la sua narrazione con il fine di trovare strumenti per definire il nostro futuro. È una certezza condivisa, in modi diversi, da tutto il mondo e da tutte le culture perché la memoria, collettiva e individuale, e i suoi miti e i suoi sentimenti  restano gli oggetti privilegiati di questa narrazione pacificante. Per questo la biografia di Knight è diventata un best seller: tutti noi vorremmo essere come lui in tanti momenti della nostra vita. Per questo, a prescindere dalle scelte più o meno imputabili a rêverie post sessantottine (villaggi elfici, comuni neo medievali, villaggi neo rurali), si assiste in Italia e in Europa  a fenomeni  di ritorno di memoria, collettiva/individuale, nella natura, soltanto in apparenza nostalgico-citazionisti. Un esempio è quello della transumanza che viene ricordata, festeggiata e praticata da molti giovani che, seppur in modo lontano da Knight, scelgono la pastorizia, con annessa transumanza, come professione. Un lavoro duro, difficile, ma che, come la tenda in mezzo al bosco del Maine, fa sentire veramente liberi. Nel 2016, secondo un sondaggio Coldiretti, sono stati duemila gli under 40 che hanno deciso di praticare l’allevamento di – a proposito di genius loci – razze di ovini autoctone: in Emilia Romagna le più diffuse sono la Massese, la Cornigliese e poi la Sopravvissana marchigiana e Laziale, dalla quale si ricava il Pecorino Romano Doc. Alla pastorizia, praticata con transumanza attraverso tratturi e sentieri, spesso associano l’agriturismo e un abbondante uso di social network e Rete, nella creazione di eventi. Nell’Appennino Tosco Romagnolo la Via dei Buozzi, la più orientale tra le Vie della Transumanze Appenniniche (parte da Badia Tedalda per arrivare in Maremma, dove le greggi svernano) è diventata un itinerario sia per chi pratica il cammino sia per gli amanti della mountain bike, oltreché una via per le iniziative di turismo sostenibile legate alla transumanza. Anche se ci sono diversi giovani che praticano una transumanza poco “social” e molto in solitudine, come accadeva sino a cinquanta anni fa, scegliendo il silenzio e la fatica del cammino come esercizio esistenziale. Il che li fa essere molto simili, per scelta etica, a chi, come Knight, ha deciso di ritirarsi.

Tutte le immagini sono tratte dal sito https://unsplash.com

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