Il “guerriero” Borges

Storia di un innamoramento per una città non vista

Jorge Luis Borges

Molti ormai conoscono la misteriosa e per certi versi inspiegabile storia del guerriero barbaro Droctulft che tradisce la sua tribù per difendere una città straniera, Ravenna, racconto narrataci da Jorge Luis Borges nell’Aleph (Storia del guerriero e della prigioniera, 1949),1 tratto da un episodio realmente accaduto citato da Paolo Diacono2 e ripreso in seguito da Benedetto Croce.3
Assai meno sono coloro che sanno che il grande poeta argentino è venuto in visita nella nostra città, probabilmente, ma sono voci raccolte, intorno alla metà degli anni Settanta. Era giunto per visitare, di Dante, la sua tomba, ma soprattutto il suo spirito, forse aleggiante nei dintorni. Un omaggio di un grande a un grande, al poeta che era «dentro di lui»4 e a cui Borges dedicherà i Nueve ensayos Dantescos nel 1982.5 All’andata o al ritorno, avvertito (da Maria Kodama?) della presenza di una libreria è entrato alla Modernissima; Lapucci, riconosciutolo immediatamente, non ha probabilmente creduto ai suoi occhi.
Si dice anche che Borges abbia voluto essere accompagnato al Mausoleo di Galla Placidia per “vederne” i mosaici. Nel “luccicante” buio del piccolo spazio a croce si è forse sentito a suo agio e ha capito il “labirinto” di tessere dei mosaici più di chi lo accompagnava e poteva ammirarli con gli occhi.
Quanto c’è di vero in questa visita sui luoghi del racconto scritto più di vent’anni prima? Il fatto è ricordato qui in città da fonti orali attendibili. La scomparsa di Lapucci, fortunato compagno d’impagabili attimi trascorsi assieme allo scrittore argentino, impedisce di conoscerne i particolari precisi. Ma la risposta al quesito, nell’universo borgesiano, è così fondamentale? Per Borges, vita e sogno, finzione e realtà sono le facce della stessa medaglia: «sognare è essenziale, forse è la sola cosa reale che ci sia».6 Borges si aggira tuttora, nel “giardino dei sentieri che si biforcano”,7 tra le strade di Ravenna. Assieme ai suoi lettori.

Note

1. Titolo originale: Historia del guerrero y de la cautiva, in El Aleph, Buenos Aires, Losada, 1949, pp. 49-54, prima trad. it. di Francesco Tentori Montalto, L’Aleph, Milano, Feltrinelli, 1959, pp. 69-76 (ora L’Aleph, A cura di Tommaso Scarano, Traduzione di Francesco Tentori Montalto, Milano, Adelphi edizioni, 1998, pp. 42-46).
2. Paulus Diaconus, Historia Langobardorum, in Scriptores rervm Langobardicarvm et Italicarvm sæc. VI-IX, edidit Societas aperiendis fontibvs rervm Germanicarvm medii ævi, Hannoveræ, Impensi Bibliopolii Hahniani, mdccclxxviii, prima trad. it. Paolo, detto Diacono, Dei fatti de’ Longobardi. Libri sei, nuovissima traduzione del Sac. Prof. Uberti Giansevero, Milano, Sonzogno, 1937.
3. Benedetto Croce, La poesia. Introduzione alla critica e storia della poesia e della letteratura, Bari, Gius. Laterza & Figli tipografi-editori-librai, 1936, pp. 270-271. Rispetto a quanto scrive Borges, che parla di un anonimo «tempio», Croce specifica che l’«epitaffio», secondo Paolo Diacono, si trovava nella basilica di San Vitale. Non si sa se per una svista o per l’abitudine di depistare modificando date o addirittura inventando rimandi bibliografici a pagine inesistenti, Borges parla di una pagina 278 dell’edizione del 1942. Un’edizione del volume, a quella data, non esiste, trovandosi solo una terza edizione datata 1943. Per quanto riguarda il numero della pagina, non essendo riuscito a recuperare il testo, non posso giurare che non sia esatto. La terza edizione risulta ampliata rispetto alla prima: 366 anziché 352. Dunque la p. 278 potrebbe essere giusta.
4. Giorgio Petrocchi, Prefazione a Jorge Luis Borges, Nove saggi danteschi, Prefazione di Giorgio Petrocchi, Nota sugli acquerelli di Blake di Gert Schiff, Parma, Franco Maria Ricci, 1985, pp. 13-20: 13.
5. Edito a Madrid da La Editorial Espasa-Calpe (Selecciones Austral), con un’introduzione di Marcos Ricardo Barnatán e una presentazione di Joaquín Arce.
6. In Jorge Luis Borges, Testamento poetico letterario, a cura di Antonio Bertoli, introduzione di Fernando Arrabal, Firenze, Giunti, 2004, p. 21, frase ripresa anche nel film-documentario di Fernando Arrabal, Jorge Luis Borges: una vita di poesia, 1999 (Alphaville/Spirali).
7. Titolo di un racconto di Borges: El Jardín de senderos que se bifurcan, in El Jardín de senderos que se bifurcan, Buenos Aires, Editorial Sur, 1941, pp. 114-115, poi in Ficciones, Buenos Aires, Editorial Sur, 1944, trad. it. di Franco Lucentini, Finzioni. La biblioteca di Babele, Con un saggio di Maurice Blanchot, Traduzione di Franco Lucentini, Torino, Giulio Einaudi editore, 1967, pp. 79-91 (prima edizione: collezione “I coralli”, 1961) (ora Il giardino dai sentieri che si biforcano, in Finzioni, A cura di Antonio Melis, Milano, Adelphi edizioni, 2003, pp. 77-89).

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