Abitare la natura

Fra alberi e cespugli in fiore ecco la Primavera, stagione di rinascita e d’amori nella vita, e declamata nella poesia e nell’arte

Prugno selvatico in fiore, area San Vitale (Foto di Pietro Barberini)

Nel mese di marzo al di là della recinzione dell’area di San Vitale un prugno selvatico protendeva la candida chioma fiorita  verso gli antichi sarcofagi e a quel festoso richiamo ora risponde l’albero di Giuda, affianco al Mausoleo dell’Augusta Galla Placidia,  col suo trionfo di fiori violacei.
Tutta la natura è in fermento e dopo il rigore invernale celebra il ritorno della primavera:

veris laeta facies/ mundo propinatur,/ hiemalis acies/ victa iam fugatur,/ in vestitu vario/ Flora principatur
(il lieto volto della primavera viene offerto al mondo, la forza dell’inverno/ sconfitta  è messa in fuga, è signora Flora/ con vestito di diversi colori).

Così cantavano i clericis vagantes, i goliardi di un tempo nei Carmina Burana1 (n.1), e proseguivano:

Omnia sol temperat/purus et subtilis,/ nova mundo reserat/facies Aprilis
(Il sole mitiga ogni cosa/ delicato e sereno/ si schiude al mondo il nuovo/ viso di Aprile).

E  questo esplosivo fermento della buona stagione fa fiorire l’amore:

Amor volat undique

e trascina infiammando i cuori

Oh-oh/totus floreo/iam amore virginali/ totus ardeo/ novus , novus amor/ est, quo pereo.

I raggi del sole e l’aria mite  invitano gli uomini  ad uscire di casa e a immergersi nella natura, come vediamo in questa raffinata pagina miniata eseguita da Simone Martini, per Francesco Petrarca , durante la loro permanenza alla corte avignonese di Benedetto XII (1339).
La miniatura, testimonianza dell’amicizia nata tra i due artisti, è pervasa da dettagli naturalistici e ci mostra un uomo che scostando una tenda  indica  il poeta Virgilio che guarda il cielo in cerca di ispirazione.2 Gli altri personaggi, un soldato, un pastore e un contadino, sono evidenti allusioni alle principali opere virgiliane.3
La stagione primaverile è propizia ai convegni d’amore e il giardino ne è lo scenario più idoneo, come teorizzano e illustrano i canti dei trovatori e i romanzi cortesi, primo fra tutti il Roman de la Rose.
In quest’opera4 che può considerarsi la Bibbia erotica del XIV secolo, il narratore descrive un sogno affascinante in cui incontra, nelle vesti allegoriche di una rosa, la donna amata che riuscirà a conquistare attraverso un cammino, pieno di peripezie, in un giardino recintato da mura e protetto dalle personificazioni dei vizi e dei piaceri. Un gruppo di persone dagli abiti sfarzosi s’incontra, per danzare una “carola”, in un giardino protetto, luogo speciale distintivo della tradizione del locus amoenus, antico topos che figurava il Paradiso come hortus conclusus.

Guillaume de Lorris, attraverso la forma allegorica tanto cara alla letteratura tardo medievale, illustra ai giovani – perché l’amore è prerogativa della gioventù – le regole dell’amore cortese.
Si tratta di un amore assoluto e disinteressato e ciò che più conta nella dinamica del servizio d’amore non è tanto la realizzazione del desiderio ma l’analisi del desiderio stesso e la fioritura interiore che produce.
Il raffinato gioco d’amore che si intreccia tra la dama e il cavaliere è una sorta di cammino iniziatico, un nuovo tipo di amore così – come lo intendiamo noi – che prende le distanze da tutte le interpretazioni delle culture precedenti che l’avevano visto ora follia femminile, ora giocosa sensualità, ora consolazione familiare. L’amore cortese si configura come un sentimento altamente specializzato, spirituale e sensuale nello stesso tempo; è esaltazione di un amore che dà gioia anche se non se ne consumano i frutti, è energia nuova che purifica e nobilita, è gentilezza di cuore, e solo chi è cortese può amare, ma è proprio l’amore che lo  rende cortese.
La donna, oggetto di questa nuova religione d’amore, che spesso mutua il linguaggio dalla devozione religiosa, è la “domina”, la sposa di un potente signore, perché la ricompensa, il sospirato premio, può venire solo dall’alto, da una creatura superiore e non da un pari, come la propria  moglie. Certamente i nostri antenati avevano le idee molto chiare riguardo al matrimonio – frutto di una elaborata transazione economica – e all’amore!
La superiorità e irraggiungibilità della donna da un lato, l’inferiorità dell’uomo dall’altro: è proprio questo dislivello iniziale che caratterizza l’amore cortese come un cammino iniziatico.
L’importante è amare e come in ogni iniziazione la metamorfosi è possibile grazie ad una morte, che permette di rinascere ad un livello superiore – analogo significato ha la trasmutazione alchemica dei metalli (materia prima est nigra); così l’uomo deve morire nella sua parte inferiore per poter rinascere ad un sentimento più elevato.
Un piccolo manifesto di questa nuova visione del sentimento d’amore l’abbiamo nella valva di scatola per specchio che raffigura l’incoronazione dell’amante.
L’avorio, realizzato a Parigi nel primo quarto del XIV secolo e parte della collezione Classense del Museo Nazionale di Ravenna, costituiva una delle due placchette che racchiudevano il disco metallico lucidato, fissato sul retro mediante un bordo ad incastro. Il lato esterno della valva, che era generalmente scolpito con raffigurazioni di soggetto amoroso, ci mostra una dama che incorona con un serto l’amante inginocchiato ai suoi piedi a mani giunte e gli alberi stilizzati sullo sfondo suggeriscono il giardino o il bosco, ambientazioni caratteristiche delle scene galanti.

L’ atteggiamento di sottomissione del giovane esprime in maniera inequivocabile la sua condizione di inferiorità e di aspirazione verso la dama che, ritenendolo degno, lo premia con una corona di fiori.
A livello simbolico le due figure rappresentano l’intima dualità, il conflitto interiore di ogni essere umano e che può essere superato grazie all’integrazione armonica fra le parti: solo facendo inginocchiare, piegare, la nostra parte volitiva, maschile, attiva – il giovane cavaliere – a quella recettiva, femminile – la gentildonna – , si raggiunge l’equilibrio, così come ci insegna la favola della principessa prigioniera liberata da un prode cavaliere, da San Giorgio alla Bella addormentata di Walt Disney. Il rendere omaggio alla donna, fonte di ogni perfezione morale e spirituale, porta ad un potenziamento del principio femminile e a ristabilire l’ equilibrio con quello maschile: un intero mondo racchiuso in un piccolo coperchio di avorio, quale lezione di vita per noi evoluti predatori da parte di questo medioevo “oscuro e barbaro”!
L’offerta di un omaggio floreale, in definitiva, è segno distintivo di una relazione amorosa, come possiamo ammirare in ben due pannelli del ciclo musivo pavimentale della chiesa di San Giovanni Evangelista, realizzati nel XIII secolo: entrambe le figurazioni, tratte dai romanzi cortesi allora in voga, presentano una donzella che porge la rosa all’amante e un’analoga scena ambientata in un castello. Ma se malauguratamente  l’offerta d’amore non venisse accolta, se la donna si mostrasse restia, come indurla a mutare la disposizione dell’anima?  Forse la  soluzione più efficace potrebbe essere quella di mostrarle le possibili  tremende conseguenze di un  suo rifiuto.

Per gli abitanti di Ravenna  ci può essere un sicuro rimedio, come ci  racconta Boccaccio5 nella novella di Nastagio degli Onesti mirabilmente illustrata da Sandro Botticelli6 in quattro tavole che gli furono commissionate nel 1483  per le nozze di Giannozzo di Antonio Pucci con Lucrezia di Piero di Giovanni Bini.
La storia è  ambientata nella bellissima pineta di Classe.7
È proprio in questa pineta infatti  che il giovane Nastagio, respinto dalla bella rampolla di Casa Traversari, viene sopraffatto dalla terrifica visione di una fanciulla inseguita da un furioso cavaliere8 e dilaniata da “due grandi e fieri mastini”: prodigiosa e orrenda apparizione che si rinnova ogni sera all’imbrunire.
E sarà proprio facendo assistere alla terrificante scena la giovane “altiera e disdegnosa”  e tutti i familiari invitati al grande banchetto da lui appositamente allestito che Nastagio potrà risolvere il suo problema, provocando il repentino mutamento dei sentimenti della donna amata.9
La paura provata si dimostrò dunque uno stimolo più che persuasivo, non solo per i due giovani che celebrarono lietamente  il matrimonio, ma portò anche un grande vantaggio a tutti gli abitanti della città, dal momento che  “tutte le ravignane donne paurose ne divennero che sempre poi troppo più arrendevoli a’ piaceri degli uomini furono che prima state non erano”.
Quindi, se avete problemi di cuore, se il vostro amore non è corrisposto …una passeggiata in pineta, verso il tramonto, con la fanciulla dei vostri sogni… potrebbe essere un’ottima soluzione!

Note

1. I Carmina Burana sono un corpus di testi poetici composti nell’XI-XII secolo.
2. Si tratta  del commentatore latino Servio e il suo atto  di scostare la tenda semitrasparente è una chiara metafora della divulgazione del testo del poeta.
3. Si tratta dei temi epici, pastorali e bucolici cantati nell’Eneide, nelle Bucoliche e nelle Georgiche.
4. Scritta tra il 1230 e il 1240 da Guillaume de Lorris e completata  successivamente da Jean de Meung.
5. Novella VIII del Decamerone.
6. «Nella via de’ Servi in casa Giovanni Vespucci, oggi di Piero Salviati, fece intorno a una camera molti quadri chiusi da ornamenti di noce per ricignimento e spalliera, con molte figure e vivissime e belle. Similmente in casa Pucci fece di figure piccole la novella del Boccaccio di Nastagio degl’ Onesti, in quattro quadri, di pittura molto vaga e bella, et in un tondo l’Epifania». Giorgio Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori scultori e architetti, “Vita di Sandro Botticello pittor fiorentino”.  Sansoni Editore, Firenze
7. Immortalata dalla poesia di Dante, Purgatorio XXVIII.
8. Si tratta di Guido degli Anastagi, suo antenato, suicidatosi perché respinto dalla fanciulla che amava, e condannato con lei a questo contrappasso doloroso.
9. «…E tanta fu la paura che di questo le nacque ……che ella avendo l’odio in amor tramutato, una sua fida cameriera segretamente a Nastagio mandò, la quale da parte di lei il pregò che gli dovesse piacere d’andar a lei, per ciò che ella era presta di far tutto ciò che fosse piacer di lui. Alla qual Nastagio fece rispondere che questo gli era a grado  molto, ma che, dove le piacesse, con onor volea il suo piacere, e questo era sposandola per moglie».

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