L’82enne custode della villa del delitto rischia un’accusa per falsa testimonianza

Dodicesima udienza / Ascoltata in aula una telefonata tra l’anziana e la madre di Matteo Cagnoni, imputato per uxoricidio: la donna nega di essere lei nella conversazione nonostante venga chiamata per nome e la telefonata sia sul numero di casa sua. E la governante dei genitori del dermatologo prima si definisce cieca e sorda e poi…

Carla Chiesi vicino a Matteo Cagnoni nella gabbia dell’imputato

È capitato a tutti di ascoltare la propria voce registrata e restare sorpresi dicendo che la nostra voce non può essere quella. Ma dirlo in tribunale davanti a una corte d’assise può costare un’imputazione per falsa testimonianza. È quello che rischia l’82enne Adriana Ricci dopo la testimonianza resa stamani, 2 febbraio, nel processo per l’omicidio della 39enne Giulia Ballestri in cui è imputato il 52enne marito Matteo Cagnoni. L’anziana e il marito erano i custodi della villa di via Padre Genocchi a Ravenna in cui il 18 settembre 2016 è stato ritrovato il cadavere della donna, nudo con il volto massacrato.

L’accusa (pm Cristina D’Aniello) ha fatto ascoltare in aula l’intercettazione di una telefonata di qualche minuto che Ricci fa a Vanna Costa, madre dell’imputato, pochi giorni dopo il ritrovamento del corpo. A un certo punto della conversazione Costa dice: «Matteo sta bene, a modo suo. Diciamo che l’ha fatta grossa ma ha avuto un trauma talmente grosso per la distruzione della sua famiglia che non ci ha visto più». E più avanti Ricci dice: «Bisognava che ragionasse, il purino». Il pubblico ministero vorrebbe chiedere al teste a cosa pensava che si riferisse l’altra donna con quel «l’ha fatta grossa» ma non ha avuto possibilità di farlo: «Non mi ricordo di aver fatto una telefonata così lunga – dichiara Ricci –, quella non è la mia voce». Per il pm è inevitabile far presente che l’intercettazione riguarda il numero della casa dove vivono solo la donna e il marito e Costa la saluta dicendo «Ciao Adriana». Nemmeno le parole del presidente della corte Corrado Schiaretti (a latere Andrea Galanti) sui rischi per il reato di falsa testimonianza servono a far cambiare idea alla donna. E così la procura chiede la trasmissione degli atti per l’imputazione.

Prima della telefonata però l’anziana era riuscita a ricordare che a luglio del 2016 andò per l’ultima volta a fare le pulizie nella villa dell’omicidio. Detergenti e strumenti per pulire li portava lei ma mai aveva portato acqua distillata (una tanica è stata ritrovata nello scantinato, stesso lotto di un’altra nel garage dei coniugi in via Bruno: secondo l’accusa è stata usata da Cagnoni per ripulire il sangue). Conle domande della difesa invece ha ricordato che per entrare doveva disattivare l’allarme ma al suo ingresso in casa quella volta pur digitando il codice non sentì la voce che confermava “allarme spento” e quando ha provato a inserirlo all’uscita nessun segnale di “allarme acceso”. Sul funzionamento dell’allarme già da alcune udienze la difesa (avvocati Francesco D’Alaiti e Giovanni Trombini) sta cercando di portare all’attenzione dei giurati alcuni indizi che lasciano ipotizzare un futuro affondo su questo aspetto.

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Aula gremita per l’attesa deposizione del padre dell’imputato: circa trecento persone davanti alla corte d’assise per la dodicesima udienza del processo Cagnoni

L’82enne che non riconosce la propria voce è stata solo uno dei momenti in cui la dodicesima udienza non ha ricordato proprio una corte d’assise ma qualcosa di più simile al teatro con il tanto pubblico presente in aula a commentare con risate e muguni.

Prima di Ricci a testimoniare è stata chiamata Carla Chiesi, 80enne ex governante dei genitori dell’imputato a Firenze e tuttora loro amica. Per raggiungere la postazione dei testi, la donna si è fatta accompagnare dicendo con smaccato accento toscano di essere «ciecata». Le domande della corte e dell’accusa le ha fatte ripetere più e più volte dicendo di essere «pure sorda». Venti minuti di deposizione in cui la donna ha detto di non aver mai parlato con i genitori di Matteo Cagnoni della vicenda, di aver saputo tutto dalla televisione, di non aver visto Matteo scaricare oggetti dall’auto anche se quei tre giorni era a Firenze. Non è poi sfuggito agli inquirenti e al pubblico che la donna è rimasta in aula per tutto il resto della giornata, senza particolari problemi di udito quando qualcuno le ha rivolto la parola pur senza microfono e senza particolari problemi di vista nel muoversi tra le sedie e gli spazi dell’aula.

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