Quella porta aperta in terrazza che alimenta la linea difensiva del ladro killer

Quindicesima udienza / Al piano terra non c’era l’unico varco per entrare e uscire dalla villa dove è stata uccisa Giulia Ballestri il 16 settembre 2016: nel filmato del sopralluogo della polizia si vede che l’uscio non è chiuso in cima alle scale. Ma l’arma del delitto è un ramo di pino domestico come la legna accatastata nell’abitazione dei coniugi e come gli alberi abbattuti nel giardino della casa al mare. L’imputato chiede ancora i domiciliari

Leggi il resoconto delle udienze precedenti

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L’esterno della villa di proprietà della famiglia di Matteo Cagnoni in via Padre Genocchi, vicino ai giardini pubblici, dove è stata uccisa Giulia Ballestri, moglie del dermatologo

Lo spiraglio sottile della porta socchiusa che porta sulla terrazza della villa del delitto. È lo spazio angusto in cui prova a infilarsi la difesa di Matteo Cagnoni per dare ai giudici della corte d’assise di Ravenna una pista alternativa a quella offerta dall’accusa che lo vede come l’assassino della moglie Giulia Ballestri. La terrazza usata come scenografia per i suoi video su Youtube in cui dava consigli per la pelle, ora diventa l’appiglio per evitare l’ergastolo. È il fulcro della quindicesima udienza del processo celebrata oggi, 23 febbraio, per l’omicidio del 16 settembre 2016.

Se quella porta in cima alla casa di via Padre Genocchi, disabitata da anni e di proprietà della famiglia del dermatologo, è stata trovata aperta dagli investigatori nel sopralluogo in cui scoprirono il cadavere allora – sostiene la difesa – c’era un’altra via d’accesso dall’esterno a disposizione di qualcun altro e potrebbe reggere quindi la tesi secondo cui a uccidere la 39enne fu una persona, o forse due, da lei scoperta mentre tentava un furto o cercava un riparo. O quantomeno su quella porta aperta la difesa insisterà forte per evitare ai giudici di trovarsi nella condizione “oltre ogni ragionevole dubbio”.

Per smontare questa versione l’accusa ha più di un elemento a suo favore: come può essere passato qualcuno dal terrazzo se attorno a casa non sono state trovate scale o corde? Perché un ladro avrebbe passato almeno un’ora a massacrare di botte una sconosciuta accanendosi sul volto? Come mai nella casa c’è un bastone di pino che assomiglia a quelli nel garage del condominio dove vivevano i coniugi? Perché nella cantina dove resta il corpo senza vita di Giulia, su una parete e su un frigorifero, ci sono due impronte con il sangue della vittima che la scientifica attribuisce all’imputato? Perché l’imputato fugge nella notte a Firenze quando la polizia lo cerca?

Terrazzacagnoni

Matteo Cagnoni in un fotogramma di uno dei suoi video caricati su Youtube con lezioni sulla cura della pelle. Il dermatologo è sulla terrazza della villa del delitto. Le riprese risalgono al 2015

Dopo quattro mesi di dibattimento in aula si è arrivati a parlare di questa porta e lo si è fatto con l’audizione di Ivan Pulinas, assistente di polizia in servizio al fotosegnalamento del commissariato di Lugo. La sua mano regge la telecamera che accompagna il sopralluogo dei colleghi in divisa dopo la mezzanotte tra il 18 e il 19 settembre del 2016. Giulia non si trovava da tre giorni, il fratello e l’amante ne avevano denunciato la scomparsa quel pomeriggio, il marito era a Firenze dai genitori e la polizia stava entrando nelle abitazioni a disposizione della coppia. In aula vengono proiettati i filmati girati quella notte: sono tanti piccoli frammenti di breve durata perché l’agente arrivò sul posto con la batteria quasi scarica (sic) e cercò di centellinare le risorse. Ne esce un racconto a singhiozzi che fa gioco alla difesa.

Ma le risposte dell’agente a due domande dell’avvocato Giovanni Trombini sembrano sgombrare il campo dai dubbi. «Lei ha filmato lo stato delle cose così come l’avete trovato? Lei ha filmato solo quello che riteneva utile nel primo accesso?». Doppio sì. E allora se il video mostra che la porta non è chiusa equivale a dire che è stata trovata aperta? Trombini lo chiede esplicitamente: «Quando lei filma la porta era chiusa con i chiavistelli nella serratura oppure no?». Pulinas non è categorico: «A me non è stato segnalato nulla di particolare, desumo che mentre io stavo nel ripostiglio a sinistra della porta i colleghi abbiano già ispezionato quel locale e mi abbiano fatto trovare la porta aperta per poter accedere al terrazzino». Trombini non affonda il colpo. E si gusta le richieste di chiarimenti volute dalla corte.

I giudici togati della corte d’assise del processo a Matteo Cagnoni: a destra il presidente Corrado Schiaretti, a latere Andrea Galanti

Quanto sia importante la porta sul terrazzo è sottolineato dalla scelta del presidente della corte Corrado Schiaretti: chiede di rivedere più volte i filmati del momento preciso e vuole sentire l’audio nel modo migliore per distinguere la presenza o meno di commenti a voce o di rumori di apertura. Il video mostra la porta socchiusa.

Ma anche se quella porta apre uno spiraglio per la difesa, nell’udienza odierna non sono mancati altri elementi a favore dell’accusa. È successo con Stefano Del Duca, professore ordinario di Botanica all’univesità di Bologna: il consulente della procura ritiene che il bastone insanguinato trovato nella villa dell’omicidio, un bastone prelevato da una catasta di legna nella cantina della casa di via Giordano Bruno dove abitava la coppia e la scheggia di legno sporca di sangue trovata in un paio di jeans sequestrati nella casa dei genitori a Firenze siano tutti di pino domestico. E pino domestico erano di certo i quattro alberi fatti abbattere da una dita specializzata nel giardino della casa della coppia a Marina Romea. Detto con le parole dell’accusa vorrebbe dire che il bastone ritrovato al primo piano della villa dell’omicidio – con dna della vittima e del marito e di una terza persona – può essere arrivato lì solo se portato da qualcuno che poteva andare nel garage dei Cagnoni o nel giardino di Marina Romea. Che equivale all’accusa di premeditazione, una delle aggravanti (insieme alla crudeltà) che qualore venissero riconosciute significherebbero ergastolo e non 30 anni.

Ravenna 10/10/2017. FEMMINICIDIO GIULIA BALLESTRI. Iniziato Il Processo Che Vede Imputato Matteo Cagnoni Accusato DellÕ Omicidio Della Moflie Giuglia Ballestri.

Matteo Cagnoni è accusato dell’omicidio della moglie Giuglia Ballestri

Le battute iniziale dell’udienza odierna avevano aggiunto solo qualche tassello di marginale importanza. Un ex detenuto del carcere di Ravenna, una volta uscito da Port’Aurea dove aveva conosciuto Cagnoni all’inizio della sua detenzione cautelare (chiesti nuovamente i domiciliari), il 7 dicembre 2016 telefonò a un conoscente del dermatologo 53enne per recapitargli un messaggio da parte del medico: il colpevole dell’omicidio di Giulia sarebbe Stefano Bezzi, l’uomo con cui la 39enne aveva una relazione extraconiugale nell’ultimo anno prima della morte. E il movente starebbe in ragioni economiche. La circostanza della telefonata è stata riportata dallo stesso destinatario, Michele Orsatti, che oggi è stato ascoltato in tribunale. La posizione di Bezzi è stata presa in considerazione dagli inquirenti in fase di indagini preliminari e già ricostruita nell’interrogatorio in aula a novembre. Per la giornata dell’omicidio l’amante di Giulia ha un alibi: partì da Ravenna al mattino e andò a Rovereto per riprendere il fratello dimesso da una clinica, al ritorno si fermò a Bologna per fare acquisti al negozio Apple (la fattura conferma) e rientrò in città soltanto verso le 19 (i passaggi ai caselli autostradali confermano).

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