Caporalato in agricoltura: anche nel Ravennate lavoratori a tre euro l’ora

Tre arresti grazie a una lunga indagine della Guardia di Finanza di Forlì-Cesena. I lavoratori costretti in alloggi sovraffollati e costretti anche a 14 ore di lavoro al giorno

Ghetto Italia

Immagini di repertorio

Riguarda anche alcune imprese agricole del Ravennate l’indagine della Guardia di Fiananza di Forlì-Cesena che ha portato all’arresto di tre persone di nazionalità marocchine con l’accusa di reclutamento e sfruttamento di manodopera in imprese agricole tra Forlì-Cesena, Verona e appunto Ravenna.  Le indagini sono state avviate in seguito a segnalazioni di alcuni lavoratori alla Guardia di Finanza nell’estate del 2017. Per trovare un riscontro, è stata messa in atto una lunga e complessa attività investigativa effettuata dalle Fiamme Gialle che è consistita in sopralluoghi, pedinamenti ed appostamenti, intercettazioni telefoniche, accertamenti finanziari, perquisizioni e sequestri di documentazione utile per i successivi riscontri incrociati. Parallelamente, l’Ispettorato del Lavoro e l’Inail di Forlì hanno armonizzato la propria attività ispettiva amministrativa con quella di polizia giudiziaria.

È così emerso che le tre persone arrestate gestivano, anche tramite “prestanome”, diverse società cooperative con cui avevano reclutato decine di lavoratori da destinare a imprese agricole operanti soprattutto nel settore dell’allevamento dei polli. Le condizioni a cui erano costretti i lavoratori erano degradanti, con compensi orari compresi tra i 3 e i 6 euro, e orari che poteva arrivare a 14 ore al giorno con forte caldo d’estate e freddo invernale, talvolta senza neanche fornire cibo ed acqua (anzi, ogni infortunio o malattia comportava rimproveri e penalizzazioni per il lavoratore stesso).

I lavoratori vivevano in alloggi sovraffollati e senza adeguati servizi igienici (e talvolta anche senza materassi per tutti) per cui tuttavia dovevano versare un esose canone mensile.

Le vittime di tali abusi sono tutte persone particolarmente fragili e quindi ricattabili: richiedenti protezione internazionale in attesa di risposta, stranieri irregolari, soggetti con temporanei permessi di soggiorno. E come non bastasse, subivano continue minacce.

Oltre alla custodia cautelare in carcere per i tre artefici dell’attività organizzata di reclutamento e sfruttamento, il Gip – su richiesta del Pubblico Ministero – ha disposto il sequestro di diversi mezzi utilizzati per trasportare i lavoratori (ai fini di una successiva confisca). Inoltre, tra le persone indagate vi sono due imprenditori locali, i quali hanno già ricevuto l’informazione di garanzia e per i quali sarà valutata ogni responsabilità per l’utilizzo presso le loro aziende agricole (formalmente mediante contratti di appalto) di numerosi lavoratori reclutati e sfruttati dalle citate cooperative. Nei confronti di sei società sono stati infine notificati gli avvisi di garanzia in ordine alla responsabilità dell’impresa nella commissione del reato contestato da parte dei suoi rappresentanti. “L’attività di polizia economico finanziaria effettuata è in linea con la vocazione sociale del Corpo tesa al contrasto del lavoro sommerso e di tutte le forme di illegalità ad essa collegate e volta a salvaguardare il diritto al lavoro affinché si rispetti l’uguaglianza tra le persone, la coesione della comunità e la tutela delle fasce più deboli” conclude il comunicato stampa delle Fiamme Gialle.

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